Il pappagallo cenerino (Psittacus erithacus (Linnaeus, 1758) e il pappagallo cenerino coda aceto( Psittacus timneh (Fraser, 1844)): una introduzione allo status in natura e alle minacce della conservazione
Il pappagallo cenerino (Psittacus erithacus), è forse il più famoso e rinomato appartenente alla famiglia Psittacidae (Illiger, 1811), soprattutto per la sua diffusa presenza tra allevatori e amatori di tutto il mondo.
Questa grande popolarità deriva dal fatto che è considerato a tutt’oggi il pappagallo “parlatore” per eccellenza, una caratteristica che ha contribuito a renderlo tanto ambito e desiderato da averlo pesantemente danneggiato in natura.
P. erithacus è anche una delle specie tra gli uccelli del mondo più massicciamente importate (C.I.T.E.S., 2016): una enorme domanda di esemplari, ha creato nel tempo le condizioni per una vera e propria “escalation” di prelievi di esemplari selvatici, portando la specie in effettivo pericolo di estinzione.
Qualsiasi tentativo di comprensione di tale fenomeno non può prescindere dall’analisi dettagliata di aspetti biologici, ecologici e geopolitici che incidono sulla vita in natura di P. erithacus, incluse implicazioni commerciali e legislative che hanno di fatto influito sulla mancata conservazione della specie.
In ogni caso, ci limiteremo ad un accenno sintetico dei vari fenomeni che in maniera più o meno determinante hanno creato le condizioni per l’odierno scenario.
Contenuti dell'articolo
Pappagallo cenerino: cenni generali
P. erithacus, comunemente chiamato “cenerino” o “cenerino coda rossa”, non è di fatto l’unica specie appartenente al genere Psittacus (Linnaeus, 1758), infatti, oggi si tende a considerare come specie indipendente anche il cenerino coda aceto (P. timneh), in precedenza ritenuto solo una sottospecie di P. erithacus.
Come si evince dalle figure sottostanti, la distribuzione delle due specie è nettamente differente: il cenerino coda rossa si estende per larghi tratti nella foresta equatoriale dell’Africa centrale e parte dell’occidentale, fino a spingersi in Kenya ad est e nel Golfo di Guinea sulle isole di São Tomé e Príncipe e Bioko (popolazione introdotta).
Figura 1. Areale di P. erithacus (2013).
Il cenerino coda aceto, invece, ha colonizzato soprattutto gli ambienti forestali umidi di Sierra Leone, Liberia e Costa d’Avorio, conservando una piccola porzione di territorio disgiunta in Guinea Bissau (BirdLife International, 2013).
Figura 2. Areale di P. timneh (2013).
Entrambe le specie, che chiameremo convenzionalmente con il termine “cenerini”, occupano per lo più gli ambienti di pianura caratterizzati da foresta pluviale fitta, ma anche foresta secondaria, foresta galleria, mangrovie e savane ben alberate (Juniper & Parr, 1998).
Status di conservazione del pappagallo cenerino
Nonostante l’areale occupato sia ampio, bisogna tenere presente che il cenerino soffre di un declino di popolazione che negli ultimi anni si è fatto preoccupante, soprattutto in alcuni paesi (Perrin, 2012; Annorbah et al., 2016).
Per tale situazione, la C.I.T.E.S. 1 ha posto una particolare attenzione, fino a portare entrambe le specie sul tavolo delle discussioni nel prossimo incontro che avverrà a Settembre-Ottobre in Sudafrica.
Sostanzialmente, verrà stabilito se le specie in questione dovranno essere spostate dalla lista dell’allegato B, dove attualmente si trovano, all’allegato A, che non consentirebbe più i prelievi di esemplari in natura nei paesi aderenti alla convenzione.
Problemi legati alla conservazione
Cercando di compendiare sinteticamente le ragioni di questo declino, si può citare come prima causa il prelievo indiscriminato dei soggetti destinati al commercio, sia all’interno delle località di origine che tra vari stati africani (in particolar modo Repubblica Democratica del Congo, Camerun e Sudafrica (World Parrot Trust, 2011).
Principalmente però, i soggetti catturati sono stati spediti fuori dall’Africa: negli ultimi 30 anni, centinaia di migliaia di cenerini sono stati tolti dalle foreste lasciando un vuoto che di fatto non è stato colmato dalle nascite dei nuovi pappagalli.
La sostenibilità della popolazione è infatti minata della biologia riproduttiva, relativamente lenta, per poter recuperare alle enormi mancanze di futuri riproduttori.
Se oggi l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno chiuso le frontiere per le importazioni di uccelli selvatici, moltissime altre nazioni del mondo ancora ricevono spedizioni corpose di cenerini che contribuiscono a rendere la situazione ancor più drammatica (C.I.T.E.S., 2015).
Tali paesi (Ucraina, Turchia, paesi mediorientali, etc..) ricevono soggetti a seconda di quote prestabilite ogni anno dalle commissioni scientifiche preposte, ma anche migliaia di soggetti di contrabbando (molti dei quali entrano tuttora in Unione Europea via terra), inviati con il benestare di funzionari corrotti dai paesi di origine, quasi tutti caratterizzati da situazioni politiche instabili e povertà.
Inutile specificare che nessuno ha interesse per la sorte di questi animali, se non le poche organizzazioni a tutela della fauna selvatica.
Una seconda piaga che grava sul cenerino è la perdita di habitat, a sua volta causata da vari fattori quali la pressione antropica, che distrugge la foresta per l’espansione dei centri abitati; il taglio indiscriminato degli alberi; la creazioni di aree per pascoli o coltivazioni; lo sfruttamento del suolo e altro ancora.
Questa grande macro categoria di pericolo minaccia tantissime specie, e più in generale, la biodiversità di interi biomi (amazzonia, foresta equatoriale africana, isole del sud-est asiatico).
Un’ulteriore minaccia proviene dalla caccia, ad opera delle comunità rurali, per ricavare carne, o per riti religiosi locali (Perrin, 2012).
L’impatto di queste ultime attività, però, non sarebbe così dannoso se non fosse già aggravato dai disastri più importanti menzionati in precedenza.
In definitiva, per trarre conclusioni dal breve quadro della situazione fornito, ci aspettiamo che nel prossimo meeting di Johannesburg, la C.I.T.E.S. decida di innalzare le misure di protezione delle due specie di pappagallo cenerino, includendole entrambe nell’ Allegato A.
Per quanto esista molto scetticismo tra gli ornitofili europei, è doveroso considerare che se non verranno prese importanti misure di protezione, le popolazioni in natura rischiano di scendere sotto una soglia di sostenibilità che può rivelarsi irreversibile.
I punti critici da preservare prevedono certamente l’annullamento di ogni forma di prelievo ed esportazione, ma soprattutto, la realizzazione di controlli più rigorosi in aeroporti e altri luoghi utilizzati dalla logistica del contrabbando.
Infine, cosa molto importante per il futuro, è essenziale implementare progetti di educazione che coinvolgano le comunità locali come primi attori di protezione del loro patrimonio naturale, magari associando forme di ecoturismo nelle località politicamente più sicure e accoglienti.
Bibliografia
Annorbah, N. N. D., Collar, N. J., Marsden S. J. (2016). Trade and habitat change virtually eliminate the Grey Parrot Psittacus erithacus from Ghana. Ibis, volume 158, Issue 1, pages 82–91.
BirdLife International (2013). Psittacus erithacus. The IUCN Red List of Threatened Species.
BirdLife International. (2013). Psittacus timneh. The IUCN Red List of Threatened Species.
CITES (2015). Trade statistics derived from the CITES Trade Database. UNEP World Conservation
CITES (2016). Transfer from Appendix II to Appendix I of Psittacus erithacus in accordance with Resolution Conf. 9.24 (Rev. CoP16), Annex 1. Seventeenth meeting of the Conference of the Parties – Provisional list of proposals for amendment of Appendices I and II. Johannesburg (South Africa), 24 September-05 October 2016. Revised 12 May 2016. www.cites.org
Juniper, T., Parr, M. (1998). Parrots: A Guide to Parrots of the World. Pica Press. East Sussex.
Monitoring Centre, Cambridge, UK. www.cites.org.
Perrin M. (2012). Parrots of Africa, Madagascar and Mascarene Islands. Wits University Press. Johannesburg.
Psittascene (2011). The World Parrot Trust vol. 23 n. 1, Febbraio 2011. World Parrot Trust.