Ogni volta che ci ritroviamo ad affrontare delle tematiche ambientali è facile, molto facile, farsi prendere dallo sconforto.
Deforestazione selvaggia, plastica praticamente ovunque, specie simbolo sull’orlo dell’estinzione, cambiamenti climatici, sfruttamento animale, ingiustizie sociali dovute allo sfruttamento delle risorse naturali, sversamenti di petrolio, discariche a cielo aperto.
Ok, è vero, a volte viene voglia di prendere una pistola e boom.
Ma è giusto farsi prendere dallo sconforto?
Di questo famoso bicchiere d’acqua metafora della vita, perché dobbiamo sempre e comunque guardare la parte vuota?
Continua la lettura o guarda il video su You Tube:
https://www.youtube.com/watch?v=8jhCacMUfC4
Ciao a tutti ragazzi, io sono Alessandro, fondatore di Keep the Planet e oggi parliamo di scienza, di eroi e sogni.
E’ possibile riforestare il mondo?
Possiamo trasformare deserti in verdi foreste?
C’è qualcuno che crede sia possibile, e io pure.
Come riforestare il deserto
L’inizio della storia più che un racconto di un’impresa sembra una barzelletta.
I protagonisti della nostra storia sono un ingegnere olandese, un’ecologista cinese naturalizzato americano e un meteorologo spagnolo.
Ties van der Hoeven, John Liu e Millàn Millàn, sono i tre pazzi furiosi che a scuola, durante la lezione sull’impossibilità erano assenti.
Il loro motto è piuttosto semplice: se l’uomo è stato capace di andare sulla luna, lo sarà anche per trasformare il deserto in foresta.
Oggi quello che sembra possibile, un tempo non lo era affatto ed è proprio questa convinzione che ha portato i 3 visionari a fondare The Weather Makers, i creatori del tempo.
The weather maker è un progetto di ingegneria olistica molto ambizioso.
Grazie allo sviluppo tecnologico, alla conoscenza, alla scienza e al networking, i creatori del tempo credono nel ripristino ambientale di numerosi habitat naturali.
La sfida inizia in Egitto, nella penisola del Sinai, una delle zone più aride al mondo.
Entro un paio di decenni, secondo gli organizzatori del progetto, il Sinai potrebbe trasformarsi da un deserto arido, in un paradiso verde brulicante di vita: foreste, zone umide, terreni agricoli, flora e fauna selvatiche.
Sempre secondo gli organizzatori, un Sinai rigenerato modificherebbe i modelli meteorologici locali cambiando persino la direzione dei venti e le precipitazioni.
Il primo passo del progetto iniziò nel 2016 quando il governo egiziano concesse il permesso per una prima escavazione del lago Bardawil per rivitalizzarlo.
Il Lago Bardawil è un bacino lagunare situato nelle coste del Sinai che si affacciano sul Mar Mediterraneo che nel corso degli anni ha perso notevoli quantità d’acqua.
Grazie alla complessa opera di ingegneria si prevede di ampliare il bacino lagunare oggi ridotto a poco più di una pozza d’acqua.
Dopo aver ripristinato il Lago Bardawil, la seconda fase consiste nell’espansione e nel ripristino delle zone umide circostanti in modo da far evaporare più umidità e aumentare la biodiversità locale.
La costa del Sinai è attualmente un importante punto di passaggio globale per gli uccelli migratori; le zone umide ripristinate incoraggerebbero più uccelli, il che aggiungerebbe fertilità e nuove specie vegetali.
Ogni pazzo sognatore che vuole trasformare il deserto in foresta deve risolvere un problema fondamentale: l’acqua dolce.
Ed è qui che entra in gioco la tecnologia.
Potrebbe sembrare fantascienza, ma per affrontare questo importante problema verrà utilizzata una serie di barili d’acqua trasparenti con la superficie superiore ricoperta da un manto vegetale.
Il principio è semplice quanto rivoluzionario, l’acqua salata derivante dal lago bardawil verrà trasportata da un barile all’altro; ogni barile è mini ecosistema formato alghe, piante, batteri, funghi, vermi, insetti, pesci; come una serie di stagni artificiali.
In questi piccoli ecosistemi viventi l’acqua che condensa uscirà dalla struttura e irrigherà le zone circostanti.
Il piano prevede circa 100 barili che verranno man mano spostati lungo il percorso.
Un piano degno dei migliori folli, così come lo fu all’epoca Cristoforo Colombo quando partì per le americhe, o Neil amstrong quando entrò nell’Apollo 11 alla volta della luna.
I ragazzi del progetto comunque hanno un precedente a cui ispirarsi.
Il progetto di riforestare il deserto infatti non è una novità assoluta, in Cina troviamo infatti il primo esperimento di successo della storia.
Nel 1994, Loess, un altopiano nel nord della Cina era più o meno nelle stesse condizioni del Sinai: una terra spoglia e improduttiva.
Grazie al ripristino della vegetazione locale, alla lavorazione del terreno con materiale organico, la corretta creazione di canali e il controllo degli animali da pascolo, in soli 20 anni il deserto è diventato un’area verde e produttiva.
Tutto documentato nel documentario Green Gold.
La desertificazione è un problema serio ed attuale che va affrontato con tutte le armi a disposizione.
Il progetto cinese ora verrà replicato in Sinai utilizzando un approccio olistico capace di integrare diverse discipline, dall’ingegneria all’ecologia e alla biologia,
Le migliori menti del pianeta cercheranno di migliorare l’habitat naturale.
Riusciranno questa banda di pazzi a trasformare il deserto in foresta?
Io personalmente credo nella bontà e dell’utilità del progetto.
Ci sono prove che un tempo il Sinai fosse verde, dai 4.500 a 8.000 anni fa. Le pitture rupestri trovate lì raffigurano alberi e piante. Le registrazioni nel monastero di Santa Caterina situato alle pendici del Monte Sinai, registrano i raccolti di legno. Le immagini satellitari rivelano inoltre una rete di canali scavati nelle rocce a testimonianza di antichi fiumi che scorrevano dalle montagne a sud verso il Mediterraneo.
Ciò che ha trasformato il Sinai in un deserto è stata, molto probabilmente, l’attività umana.
Gli umani una volta insediati tendono ad abbattere gli alberi e ripulire la terra. Questa perdita di vegetazione influisce sulla capacità del terreno di trattenere l’umidità.
Il terreno perde la sua struttura e viene spazzato via, diventando deserto.
Non esiste meccanismo migliore della natura per rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera, negli ultimi 5.000 anni l’attività umana ha ridotto la biomassa totale della Terra di circa il 50% e ha distrutto o degradato il 70% delle foreste del mondo.
I benefici di avere una foresta rispetto al deserto sono molteplici.
Grazie alla riforestazione si possono sequestrare importanti quote di anidride carbonica dall’atmosfera mitigando gli effetti del cambiamento climatico.
Le foreste inoltre portano sicurezza alimentare attraverso la maggiore produttività del terreno e quindi stabilità politica.
E questa certamente in un territorio devastato come il Sinai sarebbe assolutamente necessaria.