Posidonia oceanica, il polmone blu del pianeta in pericolo di estinzione

Un articolo di Alessandro Nicoletti sulla Posidonia oceanica, una pianta marina fondamentale per la salute degli ecosistemi marini che tuttavia rischia di sparire dai fondali per colpa dell’inquinamento provocato dalle attività umane.

La salute del pianeta è piuttosto malandata e la società degli umani sembra non preoccuparsene affatto.

Il degrado degli ecosistemi naturali è ormai diventato ben più di una lontana premonizione di un ristretto gruppo di scienziati, possiamo infatti vedere con i nostri occhi quello che fino a pochi decenni fa era solo un’ipotesi scientifica.

Gli avvertimenti della comunità scientifica iniziati decenni fa si stanno realizzando ora più forti che mai.

Dall’impoverimento dei suoli, alla diminuzione della biodiversità, i delicati equilibri della natura sono costantemente minacciati dalla nostra incuria, avidità, stupidità e superficialità.

Ma come fanno gli studiosi a determinare lo stato di salute del nostro pianeta?

Per valutare lo stato di salute di un determinato ecosistema, i ricercatori utilizzano, tra le varie tecniche a loro disposizione, l’utilizzo di indicatori biologici o bioindicatori.

I bioindicatori sono delle specie viventi, animali o vegetali, particolarmente sensibili alla presenza di sostanze inquinanti o di modificazioni ambientali che grazie alla loro presenza o assenza indicano lo stato di salute dell’ecosistema stesso.

Questi indicatori biologici permettono di valutare l’effetto che le sostanze inquinanti presenti hanno sulle comunità biotiche che popolano l’ecosistema studiato e di conseguenza aiutare nella valutazione degli interventi da attuare per la salvaguardia dell’ambiente.

Le scienze biologiche ed ecologiche da molto tempo infatti studiano i legami esistenti tra l’ambiente e gli organismi di un determinato territorio.

Per questo motivo diventa indispensabile soprattutto per l’ecologia l’utilizzo degli indici e degli indicatori ambientali.

Tra i vari indicatori ambientali utilizzati dalla scienza per analizzare il degrado degli ecosistemi, troviamo la Posidonia oceanica, una pianta marina molto importante di cui ti voglio parlare approfonditamente in questo articolo.

La posidonia oceanica non è un alga

Appartenente alla famiglia delle Posidoniacee, la Posidonia Oceanica è una pianta acquatica endemica del Mar Mediterraneo, il solo mare al mondo in cui possiamo trovarla.

Nonostante le persone comuni tendono a chiamare alga tutto quello che proviene dal mare, la Posidonia oceanica è a tutti gli effetti una pianta acquatica.

Per i meno esperti la differenza potrebbe essere minima, ma in realtà alghe e piante sono due classi di organismi molto differenti.

Le alghe infatti sono un raggruppamento molto vasto rappresentato da organismi molto diversi tra loro, dalle alghe unicellulari microscopiche, a grandi organismi multicellulari che raggiungono svariati metri di grandezza.

Tuttavia, nessuna specie di alga presenta le caratteristiche peculiari delle piante superiori come la presenza di fusto, radici, foglie, frutti e fiori.

Le alghe presentano una vasta gamma di strategie riproduttive, dal più semplice, la divisione cellulare asessuata a forme complesse di riproduzione sessuale.

Sono generalmente degli organismi autotrofi, cioè sintetizzano molecole organiche a partire da sostanze inorganiche, tuttavia alcune sono eterotrofe, infatti non tutte utilizzano la fotosintesi clorofilliana come approvvigionamento di energia.

Le piante, a differenza delle alghe, sono organismi più evoluti composti da radici, fusto, foglie, fiori e frutti, hanno inoltre un sistema di trasporto delle sostanze nutritive al suo interno e tutte utilizzano la fotosintesi clorofilliana.

Quindi, anche se all’apparenza possono sembrare simili, alghe e piante hanno caratteristiche differenti.

Tuttavia, nel caso della Posidonia l’equivoco nasce dal fatto che è una delle pochissime piante acquatiche visto che le piante sono quasi esclusivamente terrestri.

La Posidonia infatti rappresenta un’adattamento alla vita marina da parte di piante superiori che hanno avuto tutta un’altra storia evolutiva rispetto alle alghe che invece sono rappresentative del mondo acquatico.

Nonostante le differenze, sia le alghe che le piante marine, insieme al plancton, rappresentano il primo anello della catena alimentare in mare, una risorsa fondamentale per la sopravvivenza dell’ecosistema marino.

Sono entrambi dei produttori primari, da sostanze inorganiche sintetizzano infatti molecole organiche che rappresentano il cibo necessario al successivo anello della catena trofica, l’anello rappresentato dagli erbivori.

Caratteristiche della Posidonia

ecologia posidoniaLa Posidonia Oceanica è una fanerogama marina appartenente alla famiglia delle Posidononiacee anche se non tutti gli autori sono concordi con questa rappresentazione.

Questa specie fu descritta per la prima volta da Linneo, nel suo “Sistema naturae”, chiamandola Zostera oceanica. Nel 1813 lo studioso Delile la rinominò Posidonia oceanica.

Mentre la specie oceanica si trova esclusivamente in Mediterraneo, il genere Posidonia presenta una distribuzione bipolare, in quanto alcune specie “sorelle” si trovano lungo le coste dell’Australia.

Il genere Posidonia contiene ben 9 specie, di cui la sola Oceanica endemica del Mar Mediterraneo, mentre le restanti 8 sono endemiche dell’emisfero australe.

Secondo la teoria più accreditata, il genere Posidonia aveva in passato un areale molto più ampio, che comprendeva sia regioni tropicali sia temperate.

La competizione con altre piante meglio adattatesi alla vita lungo la fascia tropicale ha relegato le posidonie solo nelle regioni temperate.

Tra le altre fanerogame presenti in Mediterraneo, si possono citare la Cymodocea nodosa, diffusa in acque basse e più torbide rispetto a quelle frequentate dalla Posidonia, presente anche nell’Oceano Atlantico, dal Senegal al Portogallo; Zostera marina e Zostera nolti, diffuse soprattutto in acque salmastre in prossimità degli estuari; Halophyla stipulacea, originaria del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano, penetrata nel Mediterraneo attraverso “migrazione lessepsiana”; Ruppia marittima, un po’ più rara, presente anch’essa nelle zone paludose salmastre.

In Mar Mediterraneo, la prateria di Posidonia oceanica più estesa è quella presente tra le isole di Formentera e Ibiza che si estende per circa 15 chilometri.

Chi fa immersioni in Mar Mediterraneo conosce molto bene la fisionomia della Posidonia caratterizzata da foglie lunghe a nervatura parallela, riunite in fasci che si dipartono da un rizoma molto spesso con cui poi si fissa al fondale tramite le radici.

I rizomi sono spesso molto intrecciati e possono formare strutture dette ‘Mattes’: cioè grovigli di radici e rizomi morti dalla colorazione variabile dal verde chiaro delle foglie giovani al verde scuro delle foglie mature, per poi passare al bruno e giallo delle foglie più vecchie.

Queste mattes formano delle vere e proprie praterie che occupano un’ampia superficie orizzontale con un’altezza di diverse decine di centimetri dal fondale.

Questo manto è l’ambiente perfetto per moltissime specie animali che si nascondono appunto in questo groviglio di foglie che funge da protezione.

La crescita delle foglie della Posidonia inizia in Autunno fino all’estate quando le foglie più vecchie cadono e lasciano spazio alle più giovani, foglie che vengono portate sulla costa dalle mareggiate.

Anche se è raro osservarlo, i fiori escono nei periodi autunnali, e i frutti, simili a delle olive di un colore più scuro, vengono portati alla deriva dalle correnti.

La Posidonia infatti sfrutta le correnti per ampliare l’area di colonizzazione, mentre in loco sfrutta la stolonizzazione: questo processo consiste nell’accrescimento dei rizomi che per gemmazione colonizzano nuovi spazi adiacenti alla prateria giù formata.

Ruolo ecologico della posidonia

Se qualcuno non avesse bene a mente l’importanza della Posidonia, ricordiamo che suo nome deriva addirittura da Posidone, il Dio dei mari per gli antichi greci a sottolineare il suo ruolo fondamentale all’interno dell’ecosistema marino.

La Posidonia infatti forma delle vaste praterie sottomarine che stanno ad indicare il massimo sviluppo dell’ecosistema marino in Mediterraneo, conosciuto con il nome di climax.

In ecologia infatti il climax rappresenta il livello più elevato e complesso che indica un ambiente naturale dove le condizioni sono rimasti stabili nel tempo garantendo quindi il suo culmine in termine di efficienza del flusso energetico e biodiversità.

Non a caso, le prateria di Posidonia oceanica rappresenta uno degli ambienti più produttivi in mare.

Basti considerare che le praterie producono circa 400 grammi di carbonio al m2 l’anno, rispetto ai 10-11 grammi di carbonio al m2 l’anno dei sistemi di upwelling (risalita acque profonde ricche di nutrienti) e delle barriere coralline.

In Mediterraneo, le praterie si estendono per circa 12.000km2 (Fonte Nature) e apportano una delle maggiori produzioni di carbonio e ossigeno in tutto l’ecosistema marino.

La quasi totalità degli organismi marini (le eccezioni sono minime) hanno ovviamente bisogno di ossigeno, ossigeno che non sarebbe presente senza i produttori primari come la Posidonia.

Se questi collassano, l’intero ecosistema collassa con conseguenze drammatiche per la salute degli oceani. E forse molti non sanno che se muoiono gli oceani, gli umani presto condivideranno questo triste destino.

Oltre alla produzione primaria massiva, le praterie assolvono un ruolo ecologico vitale nella protezione delle coste, la loro presenza infatti consolida il fondale e attenua la forza delle onde e delle correnti marine.

Non a caso, si è infatti riscontrata una progressiva regressione delle spiagge nei luoghi dove sono state asportate queste piante.

L’importanza delle praterie di Posidonia si riflettono anche nella loro capacità di ospitare una grande varietà di organismi appartenenti ai più diversi phyla.

L’enorme quantità di materia vegetale disponibile consente infatti lo sviluppo di popolamenti sia vegetali che animali che vivono associati alla prateria e concorrono all’instaurarsi di una complessa catena alimentare, altamente efficiente e produttiva, in grado di “esportare” energia anche verso altri sistemi marini.

In questa rete trofica un ruolo fondamentale è svolto da tutti quegli organismi che vengono definiti “epifiti”, i quali si fissano sulla pianta stessa usandola come supporto.

Le numerose specie presenti all’interno della prateria trovano in essa sia una importante fonte di cibo, sia un luogo ideale per la riproduzione e lo sviluppo.

La comunità animale si presenta qualitativamente e quantitativamente molto ricca: Spugne, Idroidi, Briozoi, Crostacei, Molluschi e Pesci, per citare soltanto alcuni gruppi che sono ben rappresentati all’interno della prateria.

Sono pochissimi gli animali che si nutrono direttamente della Posidonia oceanica solo il “riccio femmina” Paracentrotus lividus, il crostaceo Idotea e la salpa Sarpa salpa si cibano abitualmente delle sue foglie poiché i suoi tessuti verdi sono ricchi di una sostanza amara.

Oltre all’essenziale contributo alla biodiversità marina, la Posidonia è anche un eccellente “biondicatore biologico” in grado di svelarci i cambiamenti, spesso negativi, cui il nostro ambiente va incontro.

Grazie alla sua forte sensibilità ai cambiamenti ambientali, lo studio della Posidonia aiuta i ricercatori a valutare lo stato di salute dell’ecosistema che si ripercuote sulla prateria: si osservano ad esempioil numero di foglie per fascio e il numero di fasci per metro quadrato, il tipo e la quantità di organismi che vivono sopra e tra le sue foglie, la profondità fino a cui viene trovata è per esempio indice di chiarezza delle acque.

Più l’acqua è incontaminata, più la Posidonia si spinge in profondità; In acque molto chiare come quelle di Pianosa si estende fino a 50 metri di profondità.

Dove troviamo la Posidonia Oceanica

Abbiamo visto che la Posidonia oceanica è una pianta marina presente esclusivamente nel Mar Mediterraneo. All’interno del bacino, troviamo le praterie solamente nelle aree più incontaminate essendo questo ecosistema particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici.

Considerando che abbiamo perso ben il 38% delle praterie dal 1960 al 2009 (Fonte Science), il trend di continuo degrado sembra non arrestarsi.

In questa mappa possiamo vedere nel dettaglio le zone costiere dove troviamo la maggiore presenza della pianta:

areale presenza posidonia oceanica

Come è facile notare, la Posidonia vive solo vicino alla costa, le zone che purtroppo sono le più soggette alla presenza delle attività umane.

In Italia, la Posidonia si concentra per la maggior parte nelle coste delle isole e del versante Tirreno.

Nello specifico, in quest’altra foto possiamo vedere lo specifico del caso Italia:

presenza posidonia oceanica in italia

In questa altra immagine invece si riportano i casi dove la riduzione delle praterie sono più accentuate:

regressione posidonia oceanica

Minacce alla posidonia oceanica

La presenza delle praterie dipende strettamente da una serie di fattori fisici come temperatura, salinità, profondità, torbidità che regolano la sua attività fisiologica, e un qualsiasi cambiamento può mettere in pericolo la sua sopravvivenza.

Abbiamo già visto il ruolo ecologico vitale delle praterie che regolano le funzioni ecologiche base degli ecosistemi costieri, purtroppo però negli ultimi decenni i ricercatori stanno registrando una regressione progressiva delle praterie dovuta sia a cause naturali che a cause antropiche.

Tra le cause naturali troviamo variazioni di salinità, trasparenza e temperatura, cambiamenti che spesso sono anch’esse legate alle attività umane.

Le principali minacce per le praterie di Posidonia sono le cementificazione delle rive, l’inquinamento, gli effetti dannosi delle reti “a strascico”, gli ancoraggi e l’arrivo di specie invasive che sfruttano la sensibilità della pianta.

Poiché le praterie a Posidonia sono localizzate nella zona costiera, esse sono le prime ad essere soggette ad impatti meccanici diretti come le attività di pesca a strascico e l’ancoraggio delle imbarcazioni che rompono le matte mettendo a nudo il substrato.

Danni di tipo indiretto sono invece considerati l’eccessivo input di nutrienti, scarichi industriali, gabbie di allevamento ittico e fognature, che causano un lento ma costante declino della prateria.

Inoltre bisogna tenere in considerazione la crescente minaccia legata alla costruzione di infrastrutture costiere come oleodotti e gasdotti, dighe foranee di porti e barriere artificiali.

Queste opere a mare creano un danno meccanico irreversibile, o modificano il regime idrodinamico con un conseguente soffocamento della pianta a causa dell’incremento della sedimentazione.

Tutte queste attività hanno innescato un processo che sta causando la diminuzione drammatica delle praterie.

La debolezza delle praterie viene sfruttata da specie invasive come la Caulerpa racemosa e la Caulerpa Taxifolia che si insinuano all’interno delle praterie più deboli andando via via sostituendo la pianta per competizione ecologica.

La perdita delle praterie di Posidonia è addirittura 4 volte maggiore rispetto alla distruzione delle foreste tropicali di tutto il mondo, distruzione forse meno famosa e visibile, ma altrettanto grave per il futuro del pianeta.

Come proteggere la posidonia oceanica

Perdere le praterie di Posidonia significa perdere un importante tassello nella lotta dei cambiamenti climatici. Le praterie sequestrano alte quantità di anidride carbonica e le trasformano in ossigeno al pari delle foreste terrestri, un processo ecologico vitale che non possiamo permetterci di perdere.

L’importanza e la vulnerabilità di questa pianta e il suo impatto sul genere umano sono finalmente tutelate dalle legislazioni europee e nazionali: la direttiva “Habitat” dell’Unione europea definisce come un habitat prioritario le praterie di Posidonia, mentre quelle intorno alle Isole Baleari sono state dichiarate, nel 1999, Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco.

Il Servizio Difesa Mare del Ministero dell’Ambiente, ha inoltre definito un piano specifico per la mappatura della Posidonia lungo le coste del Mediterraneo, secondo il “Programma nazionale di individuazione e valorizzazione della Posidonia oceanica nonché di studio delle misure di salvaguardia della stessa da tutti i fenomeni che ne comportano il degrado e la distruzione”, previsto dalla Legge n° 426/98.

Purtroppo però, le leggi da sole non sono sufficienti per proteggere questo delicato ecosistema.

Nonostante la protezione delle praterie sia diventato uno dei principali obiettivi della protezione e della gestione dell’ambiente, spesso le buone intenzioni si scontrano con interessi locali e regionali di sviluppo economico che si scontrano con la ovvia necessità di proteggere la salute del mare.

Il pieno recupero delle praterie di P. oceanica è generalmente considerato irreversibile in termini di scala temporale umana, perché è una specie a crescita lenta con un basso tasso di recupero.

La gestione degli impatti diretti, come la pesca a strascico, l’ancoraggio, il dragaggio e il rifornimento di gasdotti, può aiutare il recupero e promuovere la resilienza, anche se questo può richiedere un tempo estremamente lungo

In passato si è provata anche la via del trapianto, esperimenti che spesso si sono rivelati dei fallimenti in quanto le condizioni degli habitat rimangono troppo danneggiati.

Le buone intenzioni dei governi devono trasformarsi in atti concreti come l’instaurazione di una rete di parchi marini protetti dove ogni attività umana venga vietata categoricamente al suo interno senza se e senza ma. Parchi che poi vanno attivamente monitorati dalle autorità competenti.

Posidonia oceanica: considerazioni finali

Da sempre la vita dell’uomo è legata alla salute del mare, tuttavia la crescita demografica, gli sprechi, gli interessi economici, l’avidità e perché no la stupidità dell’uomo ha portato tutti gli ecosistemi naturali in pericolo.

La poca attenzione nei confronti del mare ci costerà cara, specialmente alle future generazioni che si ritroveranno nelle condizioni di agire quando il danno diventa purtroppo irreversibile.

La Posidonia fa parte di quelle risorse naturali di cui l’uomo ha strettamente bisogno, ma che purtroppo è molto fragile e che ha tempi di recupero molto lenti nell’ordine delle centinaia di anni.

Dunque bisogna agire subito proteggendo le aree dove queste praterie compiono ancora il loro straordinario lavoro.

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Alessandro

P.s Ti consiglio questo video educativo molto interessante:

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