Un articolo di Alessandro Nicoletti sull’olio di palma, la coltura che sta purtroppo mettendo in pericolo le foreste di Borneo e Sumatra.
Dalla satira e dai commenti di qualche italiano, ho notato l’enorme confusione generata dai mass media circa l’ormai famoso olio di palma.
Per qualche strana alchimia mediatica, il tema è diventato di dominio pubblico – e questo è un bene – ma per i motivi sbagliati.
Leggi l’articolo o guarda il video:
La notizia circa i pericoli sull’olio di palma infatti si sono concentrati esclusivamente sulla salute umana e non sui temi ambientali ben più importanti.
La quasi totalità delle persone comuni oggi non sono consapevoli dei rischi ambientali che ci aspettano nel futuro prossimo, lo sviluppo insostenibile delle attività umane sta minando i sottili equilibri degli ecosistemi e presto o tardi ne pagheremo tutti le conseguenze.
Il punto non è se faccia male oppure meno alla salute umana, il vero problema associato alle coltivazioni di olio di palma è la deforestazione che esse comportano.
Certo, noi siamo in Italia, magari seduti sul nostro salotto a guardare l’ultima puntata dell’Isola dei Famosi e questo è il massimo della nostra conoscenza che abbiamo circa le foreste tropicali.
Pensiamo che il problema della deforestazione sia un qualcosa che non ci riguarda.
Ed è qui che la poca consapevolezza delle persone comuni circa la globalità dei problemi ambientali generano la tanta confusione dell’opinione pubblica.
Se a tutto ciò aggiungiamo la propaganda della marca più famosa al mondo di cioccolato da spalmare, ecco che il gioco è fatto.
Cos’è l’olio di palma e perché le aziende lo usano
Il famoso olio di palma è una miscela di oli vegetali ricavati dal frutto e dai semi ricavati da 3 specie di palme da olio.
La specie più utilizzata è la Elaeis guineensis, la palma da olio per eccellenza originaria dell’Africa.
Può raggiungere anche i 30 metri di altezza e produce numerosi e grandi frutti composti per circa il 50% da olio.
Gli oli estratti dalla palma sono due, il primo deriva direttamente dal frutto che, una volta raccolto, viene sterilizzato tramite vapore, snocciolato, cotto e poi pressato.
Costituito prevalentemente da trigliceridi composti da acidi grassi saturi, alla temperatura ambiente si presenta allo stato semi solido ed è utilizzato dalle industrie alimentari di tutto il mondo.
Dalle creme da spalmare alle merendine, l’olio di palma è presente in moltissimi prodotti della grande distribuzione.
Il secondo olio prende il nome di palmisto ed è estratto dai semi precedentemente separati dal frutto. Anch’esso è utilizzato dalle industrie alimentari di tutto il mondo.
Oltre all’uso alimentare, grazie alla sua versatilità l’olio di palma è utilizzato nella produzione di detergenti, saponi e farmaci.
L’importanza delle foreste
Non starò qui a dire che le foreste vanno protette per salvaguardare le ultime popolazioni di animali selvatici come gli oranghi, le tigri e i gorilla, non mi soffermerò su questo perché posso anche capire (non lo condivido ovvio, ma mi sforzo nel mettermi nei panni dei menefreghisti) che a molti non importi un fico secco del destino della fauna selvatica, no qui voglio soffermarmi su aspetti che riguardano tutti noi in prima persona.
Che tu lo voglia o no, tu devi respirare ossigeno per vivere.
Se hai dei bambini a cui tieni, a maggior ragione dovresti preoccuparti circa l’importanza delle foreste.
Senza foreste che producono l’ossigeno l’atmosfera cambierà, e se al posto dell’ossigeno generato dalle piante lo sostituiamo con l’anidride carbonica rilasciata dagli incendi, come pensi che andremo a finire?
Eh sì, gli incendi, in Indonesia dove si concentrano le maggiori coltivazioni di olio di palma al mondo infatti per liberare i campi e piantare le palme da olio si incendiano milioni di ettari di foresta.
La devastazione di tali incendi non ha un valore misurabile, definirlo disastro è riduttivo.
Senza la biodiversità delle foreste, le mono coltivazioni di palme modificano irrimediabilmente il clima delle zone coinvolte.
Questo succede anche perché le foreste sono delle calamite naturali per le precipitazioni, senza foreste non piove più e nel frattempo le palme assorbono l’ultima acqua rimasta nel terreno.
Una devastazione ambientale che dovrebbe spaventarci.
Ma sembra che non lo faccia.
Perché mettiamo in rischio l’intero pianeta per un frutto dal quale si ricava un olio alimentare?
Si può rispondere con una parola sola: profitto.
Secondo te, perché le grosse aziende alimentari hanno iniziato questa vergognosa campagna promozionale circa il loro utilizzo dell’olio di palma?
Perché l’olio di palma è buono per la tua salute e per quella delle foreste?
O perché è un olio economico per le loro tasche?
Pensaci, sui grandi numeri industriali i centesimi fanno i miliardi.
L’olio di palma fa male alla salute?
L’olio di palma e l’olio di palmisto sono trigliceridi: acidi grassi esterificati con glicerolo. Entrambi contengono un’alta quantità di acidi grassi saturi, circa il 50 e 80% rispettivamente.
I grassi saturi sono oggetto di studio clinico da diverso tempo e gli effetti sulla salute umana sono noti. Insieme al colesterolo, esiste una relazione tra alte dosi di grassi saturi e malattie cardiovascolari quali infarti, ischemie ed ictus.
Dal versante opposto troviamo i grassi mono e poli insaturi contenuti ad esempio nell’olio d’oliva che al contrario dell’olio di palma protegge la salute del cuore e dei vasi sanguigni.
Che piaccia o no alle industrie alimentari, l’olio di palma fa male alla salute perché composto prevalentemente da grassi saturi.
Le ultime linee guida del governo americano consigliano di non superare il 10% delle calorie quotidiane provenienti da grassi saturi come quelli dell’olio di palma.
Se pensiamo che la maggior parte dei prodotti industriali presenti al supermercato contengono olio di palma, capiamo come sia facile superare tale quota.
Tra due prodotti simili, scegli sempre quello senza olio di palma.
Aiuti te stesso e l’ambiente.
Visti gli enormi interessi economici, alcune aziende e comitati hanno iniziato una campagna di disinformazione affermando come l’olio di palma non sia dannoso per la salute umana.
Diversi studi tra loro contrastanti hanno iniziato a studiare gli effetti dell’olio di palma. Nonostante gli sforzi di confondere le idee, alcuni istituti nazionali compreso quello italiano hanno confermato che l’alto uso di grassi saturi come quelli compresi nell’olio di palma siano dannosi per la salute.
Oltre alla conferma di una verità certa appurata dalla scienza numerose volte (Fonte 1 – Fonte 2), si aggiunge l’ultima dichiarazione dell’Autorità Europea per la sicurezza alimentare circa la presenza di tre sostanze tossiche prodotte dal processo di raffinazione.
Tra di esse il glicidolo, genotossico e cancerogeno (Fonte).
Anche l’Airc si è espressa sull’olio di palma dichiarando che un uso limitato di olio di palma non è dannoso per salute, tuttavia conferma il suo contenuto tossico (Fonte).
Dalla conclusione dell’Airc ricaviamo comunque un importante spunto di riflessione.
Si dice infatti che l’olio di palma spesso e volentieri viene sostituito con altri oli coinvolti nella deforestazione.
Il futuro non passa per la demonizzazione di un prodotto, ma dallo sviluppo sostenibile delle attività umane.
E non a caso ci sono i grandi della storia che in silenzio lavorano per il futuro dell’umanità.
Mi sto riferendo ai laboriosi ricercatori.
Gli scienziati della University of Bath sono riusciti a coltivare in laboratorio un lievito oleoso chiamato Metschnikowia pulcherrima.
Questo lievito ha un profilo lipidico quasi identico all’olio di palma che potrebbe rappresentare l’alternativa tecnologica alla distruzione ambientale.
Dai test di laboratorio si è riuscito a ricavare 20 g di olio da 1 litro di materiale in fermentazione, ma i prossimi esperimenti prevedono già bioreattori da 30-50 litri per provare una produzione a larga scala e si spera di arrivare ai 10.000 litri entro la fine dell’anno.
Lasciamo lavorare la scienza e mettiamo in cantina i distruttori della terra.
Olio di palma e deforestazione
Dare la colpa ad una pianta per i problemi ambientali è stupido.
La colpa vera infatti non deriva dalle piantagioni di palma da olio, ma piuttosto dall’avidità di un particolare segmento della popolazione.
Ad oggi è chiaro che la deforestazione non è una via sostenibile per lo sviluppo umano.
Tagliando, o ancor peggio bruciando, ampie zone ricoperte da foreste pluviali rilascia in atmosfera mostruose quantità di anidride carbonica, uno dei gas serra responsabili del cambio climatico.
Si stima che ogni anno vengono rilasciate 1,5 tonnellate di Co2 in atmosfera dalla deforestazione.
Tra il 2002 e il 2012 la sola Indonesia ha perso per sempre un’area grande come l’Irlanda per colpa della deforestazione.
E’ chiaro che non possiamo continuare a seguire la via della devastazione ambientale.
Cosa fare quindi?
Arrendersi al disastro o trovare delle soluzioni?
Esiste l’olio di palma sostenibile?
Quando c’è interesse economico, arrivano i falsi storici.
E non me lo invento io, è la storia a suggerirlo, ti ricordi forse che fino a pochi decenni fa le multinazionali del tabacco finanziavano ricerche pseudo scientifiche circa i non danni del fumo di tabacco?
Bene, le aziende coinvolte nella produzione e utilizzo dell’olio di palma ora fanno più o meno lo stesso gioco attraverso la campagna olio di palma sostenibile.
Cos’è l’olio di palma sostenibile?
Secondo l’associazione nata a difesa del prodotto, sarebbe un olio prodotto rispettando le seguenti condizioni:
- olio con origini conosciute e quindi tracciabili;
- prodotto senza convertire foreste e nel rispetto degli ecosistemi ad alto valore di conservazione;
- prodotto con pratiche colturali rispettose delle foreste ad alto valore di carbonio;
- prodotto con pratiche agricole atte a preservare le torbiere;
- non proveniente dalla conversione in piantagioni di aree sottoposte ad incendi volontari;
- che protegge i diritti dei lavoratori, popolazioni e comunità locali, rispettando il principio del consenso libero, preventivo e informato;
- che promuove lo sviluppo dei piccoli produttori indipendenti.
Se fosse vero, saremo i primi a supportare tale scelta, purtroppo le condizioni espresse dall’unione non sono raggiungili e le evidenze sono note e confermate.
Non a caso, uno dei maggiori esperti in protezione delle foreste, il Professore Roberto Cazzolla gatti in un esaustivo articolo ha già evidenziato l’impossibilità di un olio di palma sostenibile.
Mi raccomando, prima di proseguire la lettura, leggi l’articolo appena linkato del Professor Gatti per poi ritornare qui.
La sua lettura è necessaria per avere una panoramica della situazione.
Dobbiamo tenere alta l’attenzione sull’opinione pubblica attraverso un’informazione plurale e completa e fare chiarezza dove possibile.
L’olio di palma e diritti umani
I paesi produttori di olio di palma sono paesi dove le tutele dei lavoratori sono inesistenti.
Tutti i principi teorici elencati dai promotori di un olio di palma sostenibile probabilmente vivono in un mondo incantato che non può e non vuole fare i conti con la realtà.
E la realtà ci dice che le monocolture sono il contrario della libertà degli individui perché schiavi di una catena industriale senza via d’uscita.
Le multinazionali schiavizzano i lavoratori che non hanno nessun diritto né tutela, e spesso per raggiungere i massacranti obiettivi devono impiegare anche i propri familiari, bambini compresi.
Non sono io che lo dico, ma un rapporto di Amnesty International.
Vogliamo continuare a credere alle favole o accettare la realtà?
Soluzioni alla deforestazione
C’è un solo modo per contrastare la deforestazione ed è quella di piantare alberi.
Sembra l’utopia di qualche sognatore isolato, ma la riforestazione è realtà, basta portarla avanti in maniera scientifica.
I casi di successo sono numerosi.
Chi di voi conosce il famoso fotografo Sebastiao Salgado?
Salgado è un grande fotografo che grazie alle sue fotografie ha documentato i disastri del mondo, dal genocidio in Ruanda alla fame nei campi profughi.
Ma in questa sede non voglio parlare di Salgado per il suo immenso lavoro di fotoreporter, voglio parlare di Salgado perché insieme alla sua famiglia è l’artefice dell’Instituto Terra.
L’Instituto Terra è un progetto epocale di ricostituzione della Mata Atlantica, la foresta atlantica che in passato occupava vaste aree della costa atlantica del Brasile.
A seguito dello sviluppo economico e della crescita demografica, la foresta atlantica fu uno dei primi ecosistemi naturali a subire danni considerevoli.
Salgado e sua moglie sono i fautori di uno dei più grandi progetti di conservazione al mondo, grazie alla loro opera hanno dimostrato con i fatti che il recupero di un habitat è possibile anche dopo un lungo periodo di degrado.
I due ereditarono dal padre di Salgado 1500 acri di terreno completamente arido e privo di vita che in precedenza era stato utilizzato come pascolo per bestiame.
La coppia decise di ricreare la foresta presente in passato attraverso un serio programma di riforestazione che passava per la piantagione di milioni di alberi originari della selva atlantica.
A distanza di quasi 20 anni (il progetto nacque nel 1999), la superficie un tempo degradata è ora una lussureggiante area protetta dove non solo la flora, ma anche la fauna, è ritornata a prosperare.
E ancora, l‘associazione HAKA (che a breve spero di visitare in prima persona) è da anni attiva a Sumatra nella difesa della foresta pluviale contro la deforestazione incontrollata provocata dalle piantagioni di olio di palma e che ha dimostrato come un terreno protetto sia in grado di recuperare in maniera molto veloce.
Olio di palma: considerazioni finali di Keep the Planet
Come semplici cittadini ci sentiamo impotenti contro le grandi forze distruttive della natura.
Le aziende coinvolte in questi sporchi traffici infatti non si fanno il minimo scrupolo a zittire ogni singola protesta, anche nel sangue se necessario.
Basti guardare la violenza usata nei confronti delle popolazioni indigene dell’Amazzonia per portare via la loro terra ancestrale e svenderla alle multinazionali intente solo al profitto.
Anche se non ne siamo consapevoli, noi comuni mortali possiamo fare molto per difendere gli ultimi angoli selvaggi della terra.
Come individui possiamo innanzitutto condividere articoli come questo che, usando le fonti scientifiche e le alternative documentate, cerca di fare chiarezza nel tanto rumore mediatico creato ad hoc dagli stessi responsabili della distruzione ambientale.
In secondo, possiamo supportare le associazioni che in prima persona lottano contro la distruzione delle foreste che non sono proprietà di nessuno, sono un patrimonio mondiale che appartiene e a tutti.
In ultimo, la maniera più efficace è quella di prendere attivamente parte alle realtà alternative di sviluppo come l’ecoturismo.
Visitare i parchi nazionali è la migliore strategia di protezione per far capire alle popolazioni locali che un orango è più utile da vivo che da morto, che una foresta viva sostiene la vita, e per farlo dobbiamo recarci nei luoghi della conservazione e proteggere con la nostra presenza il grande e meraviglioso patrimonio naturale che ancora resta.
La risposta ai problemi del mondo passa anche attraverso noi, diventiamo parte del cambiamento.