Articolo di Alessandro Nicoletti per Keep the Planet sulla foca monaca, un mammifero marino che in passato occupava un vasto areale, ma che oggi si vede costretto a sopravvivere in piccole zone divise tra loro.
Se hai la voglia di immaginarti il Mar Mediterraneo del passato, pensa ad un bacino circondato da coste piene di vita: da lunghe distese sabbiose utilizzate dalle tartarughe per depositare le uova a coste rocciose utilizzate dalle foche come riparo, il nostro mare era un esplosione di vita e biodiversità.
Purtroppo, quell’antico splendore naturale è stato sistematicamente soffocato dalle attività umane: se nel passato il principale danno arrivava dalla pesca, il definitivo colpo di grazia fu dato dalla massiva cementificazione che dal dopoguerra ad oggi ha irrimediabilmente modificato l’ecosistema naturale del Mar Mediterraneo.
La ciliegina sulla torta, i mutamenti climatici che in questi ultimi anni stanno modificando per sempre la flora e la fauna mediterranea.
La foca monaca era solo una delle specie che in passato abbondavano nei nostri mari, specie che nel corso degli ultimi decenni hanno visto via via ridursi le opportunità di sopravvivenza.
Fortunatamente non è tutto perduto, nonostante i cambiamenti in atto sono preoccupanti, la foca monaca insieme alle altre specie del bacino resistono nonostante tutto.
Vediamo come.
Foca monaca: cenni generali
La foca monaca (Monachus monachus) è un mammifero appartenente alla famiglia delle foche o focidi (Phocidae).
Appartiene all’ordine dei Carnivora, in particolare al sottordine dei Canoidea (lo stesso di cani, orsi, procioni e lontre) e fa parte della superfamiglia chiamata Pinnipedia.
Gli animali più simili e vicini dal punto di vista evolutivo sono le otarie che si distinguono perché hanno i padiglioni auricolari esterni e quando sono a terra camminano su 4 zampe e i trichechi.
La famiglia delle foche è composta a sua volta da 4 sottofamiglie:
- Sottofamiglia focini;
- Sottofamiglia lobodontini
- Sottofamiglia monachini;
- Sottofamiglia cistoforini.
La foca monaca appartiene alla sottofamiglia delle monachini, mentre al genere Monachus appartengono anche la foca monaca delle Hawaii (Monachus schauinslandi) e la foca monaca dei Caraibi (Monachus tropicalis).
Le foche sono mammiferi adattati alla vita acquatica, con un corpo allungato, irregolarmente cilindrico, rivestito da uno spesso strato adiposo ricoperto da un fitto pelo corto, vellutato, impermeabile all’acqua.
La pelliccia protegge la pelle dell’animale quando si trova sulla terraferma mentre lo spesso strato di grasso sottocutaneo fornisce energia e isolamento durante la permanenza in acqua.
Hanno la testa piccola e leggermente appiattita ed orecchie prive di padiglione auricolare esterno.
Il muso è provvisto di alcuni baffi lunghi e robusti detti vibrisse, mentre il naso si chiude quando vanno in immersione.
Le vibrisse funzionano come un sonar: rilevano le vibrazioni create nell’acqua dai pesci, in modo che possa seguire facilmente la traccia delle prede.
Gli arti anteriori sono trasformati in pinne mentre quelli posteriori costituiscono un’unica pinna posteriore.
Le caratteristiche somatiche della foca monaca sono ovviamente analoghe a quelle delle altre Phocidae.
La pelliccia è di colore nero nel maschio, marrone e grigio scuro nella femmina, più chiara sul ventre che può essere fino a bianca nel maschio.
Ed è proprio dal colore della pelliccia del maschio adulto che in passato la foca divenne la foca monaca: il dorso nero e il ventre bianco ricorda infatti la veste delle monache cristiane.
Ha una lunghezza da 80 a 240 cm e può raggiungere i 320 kg di peso; le femmine sono un po’ più piccole dei maschi.
Dove vive la foca monaca
La foca monaca del Mediterraneo è un mammifero marino tra i più minacciati d’estinzione in Europa e uno dei più rari al mondo.
Con una stima variabile di circa 700 esemplari, la foca monaca è infatti minacciata non solo per i pochi individui rimasti, ma anche per il suo areale estremamente ridotto.
Nonostante la situazione critica, il picco negativo sembra essere un brutto ricordo.
In questi ultimi anni, lo sforzo di associazioni ambientaliste ed enti di ricerca hanno iniziato a notare un barlume di speranza.
Le popolazioni infatti da 300 individui sono salite al numero attuale di 700.
Tuttavia, se paragoniamo la situazione attuale con quella dei secoli scorsi, notiamo una forte differenza.
In passato infatti, la foca monaca era presente in tutte le coste del Mar Mediterraneo, il Mar Nero, le coste atlantiche di Spagna e Portogallo, il Marocco, la Mauritania, Madera e le Isole Canarie.
Oggi la situazione è diversa: attualmente la foca monaca vive solo in alcune isole e in alcuni tratti di costa rimasti ancora intatti.
Nel Mediterraneo i gruppi più numerosi e vitali sono quelli situati sulle isole greche dell’Egeo, delle isole greche dello Ionio meridionale e delle coste meridionali della Turchia.
La Grecia ospita la più grande e importante colonia della foca monaca del Mediterraneo nel parco marittimo di Alonissos e delle isole Sporadi del Nord.
In Atlantico, troviamo una popolazione vitale di circa 100 individui sulle coste della Mauritania e del Marocco, popolazione comunque in declino rispetto al passato dove si contavano circa 300 foche.
Sopravvivono alcuni esemplari di foca monaco in Adriatico, nelle isole della Croazia meridionale e nel Mediterraneo centrale.
Recentemente in Italia sono arrivate notizie di avvistamenti dalla Sardegna, dalla Sicilia e da alcune isole del MAr Tirreno, nello specifico dall’isola del Giglio, Ponza e Zannone.
Ecologia e riproduzione
La foca monaca è una specie che passa la quasi totalità della sua vita in mare: tranne che in momenti chiave della sua vita come quello della riproduzione, la foca infatti passa molto tempo al largo delle coste.
Quando il mare è agitato si immerge e si adagia sul fondo.
Anche se può ovviamente riposare sulla terraferma, la foca monaca non ha bisogno di dormire in superficie; grazie alla sua anatomia riesce infatti a dormire in immersione ad intervalli di sei minuti per poi risalire periodicamente a respirare.
E’ un animale carnivoro, si nutre prevalentemente di molluschi cefalopodi, patelle, crostacei e pesci, soprattutto bentonici, come murene, corvine, cernie e dentici.
Essendo un mammifero, ha l’apparato respiratorio simile ai mammiferi terrestri, non ha le branchie, ma i polmoni e infatti non riesce a respirare sott’acqua.
Nonostante ciò, la foca monaca è un abile predatore, caccia con immersioni che durano pochi minuti arrivando fino a circa 90 m di profondità.
In alcuni casi, la foca riesce anche a superare i 100 m sotto il livello del mare e restare in apnea quasi mezz’ora.
Si spostano anche di alcune decine di chilometri al giorno alla ricerca del cibo, con immersioni continue, possono raggiungere anche i 25 chilometri all’ora, muovendosi con agilità .
Sono abili nuotatrici, ma sulla terraferma sono lente e goffe a causa del corpo tozzo e coperto di grasso e delle zampe posteriori fuse insieme, che rendono la loro andatura inadatta ala vita terrestre.
Quando si trovano a riva, difficilmente si allontano dal mare. Difficilmente si avvistano in superficie in quanto preferiscono nuotare.
I maschi adulti sono fortemente territoriali e, nel periodo riproduttivo che avviene in Autunno, si scontrano frequentemente con altri esemplari maschi per la lotta del territorio.
Le femmine raggiungono la maturità sessuale intorno ai 5/6 anni, hanno un ciclo di riproduzione di circa 12 mesi e partoriscono, di solito tra settembre e ottobre; allattano, in grotte vicinissime al mare o in spiagge riparate, un cucciolo all’anno, lungo 88–103 cm e pesante 16–18 kg.
Partoriscono un solo cucciolo per volta e dedicano tutte le energie alla sua sopravvivenza. Il basso tasso riproduttivo rendono la specie vulnerabile.
Le madri sono spesso obbligate a digiunare per tutto il periodo dell’allattamento per non lasciare i cuccioli incustoditi.
Il parto e l’allattamento avvengono su spiagge isolate o all’interno di grotte o piccoli anfratti, periodo durante il quale le colonie si avvicinano alla costa,
I giovani entrano in acqua già a pochi giorni dalla nascita.
L’allattamento si protrae sino alla dodicesima settimana, ma la femmina lascia il suo cucciolo incustodito già dopo le prime settimane di vita, per tornare ad allattarlo periodicamente.
I giovani tendono ad abbandonare il gruppo originario ed a disperdersi anche lontano dal luogo di nascita.
La foca monaca vive allo stato selvatico dai 20 ai 30 anni.
Le foche hanno un’ampia varietà di richiami per comunicare: li usano sia per difendere il territorio dai predatori sia per minacciare i maschi rivali.
Sott’acqua, invece, emettono richiami per attirare le femmine: in questo caso i versi vengono amplificati dall’ambiente subacqueo, e possono arrivare fino a 30 chilometri di distanza.
Sono animali docili e non pericolosi, se avvistata in spiaggia, mai avvicinarsi eccessivamente per non infastidire un animale che rimane comunque selvatico e non deve MAI essere toccato.
Status di conservazione
L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN, International Union for Conservation of Nature), ha la missione di “influenzare, incoraggiare e assistere le società in tutto il mondo a conservare l’integrità e diversità della natura e di assicurare che ogni utilizzo delle risorse naturali sia equo e ecologicamente sostenibile”.
Per farlo, la IUCN ha creato la Lista Rossa IUCN, cioè il più completo inventario del rischio di estinzione delle specie a livello globale.
La lista rossa è composta dai diversi gruppi che illustrano lo stato di conservazione della specie.
La foca monaca del Mediterraneo è inserita nella categoria EN – Endangered, cioè minacciata.
Questa categoria sta ad indicare che la popolazione di una determinata specie è diminuita del 70% in dieci anni o quando il suo areale si è ristretto sotto i 5.000 km² o il numero di individui riproduttivi è inferiore a 2.500.
Questo è appunto il caso della foca monaca.
Nonostante le specie in questa categoria sono in pericolo, dobbiamo sapere che in passato la foca monaca era inserita in una categoria peggiore, cioè la CR, cioè Critically Endangered.
Finalmente, dopo oltre 30 anni di sforzi conservazionistici per preservare la specie, si è ottenuto questo piccolo, ma grande risultato.
Il fattore determinante per il miglioramento dello stato della specie è stato l’atteggiamento positivo della maggior parte dei cittadini, in seguito alle campagne di educazione ambientale e di informazione.
In Italia la Foca monaca gode formalmente da lungo tempo di un regime di protezione. Elencata in appendice II, IV della direttiva Habitat (92/43/CEE). Le attività di ricerca e di monitoraggio per questa specie devono essere fortemente incrementate.
Minacce per la foca monaca
Gli esperti ritengono che la caccia diretta da parte dell’uomo sia stato uno degli elementi principali all’origine della drammatica diminuzione della specie.
Fino agli 70, la foca monaca era un bersaglio della spietata caccia da parte di pescatori per la competizione per le risorse ittiche.
L’assoluta mancanza di senso ecologico del tempo, stava portando velocemente la foca monaca sull’orlo dell’estinzione.
Grazie alla maggiore sensibilità, alle leggi di protezione e soprattutto anche grazie al fatto della minore presenza della specie, ad oggi la caccia diretta non rappresenta più un problema.
Tuttavia, resta ancora attuale la cattura accidentale degli esemplari nelle reti da posta fisse che rappresenta un ulteriore fattore di minaccia per gli esemplari giovani non sufficientemente esperti per evitare le trappole.
Una minaccia arriva anche dagli effetti dannosi derivanti dall’accumulo di inquinanti nei tessuti; nelle foche infatti gli inquinanti si accumulano in maniera elevata perché sono predatori apicali propensi ad accumulare le sostanze inquinanti presenti nella loro dieta, che è costituita esclusivamente da pesci e molluschi che a loro volta contengono queste sostanze.
Il fenomeno è conosciuto come bioaccumulo e minaccia anche i tonni, i pesci spada e i cetacei tutti.
Ovviamente, come per quasi tutte le specie selvatiche, il problema principale rimane la progressiva scomparsa dell’habitat naturale che in questo caso è rappresentato da tratti di costa isolata adatti alla riproduzione, fattore questo determinante visto che la foca monaca è una specie elusiva molto sensibile alle attività umane.
Come aiutare le foche a vivere
Il solo modo per garantire la sopravvivenza dei nostri mari, e con essi la sopravvivenza delle specie animali, umani compresi, è quello di creare nuovi parchi marini e proteggere con effettivi controlli i confini di tali aeree.
La creazione di nuove aree protette e una rigida regolamentazione delle attività di pesca hanno infatti dimostrato che non solo la foca monaca, ma tutte le specie endemiche del Mar Mediterraneo,
In quelle zone protette dove vivono le foche si stanno notando dei risultati positivi per la salvezza della specie, specie che rappresenta un simbolo per la protezione dei nostri mari.
Nel parco marino delle Sporadi settentrionali in Grecia, sia in quello delle isole Desertas in Portogallo e in varie località della Turchia è stato infatti riscontrato un aumento nel numero di individui e del loro tasso riproduttivo.
Nonostante i segnali incoraggianti, serve ancora impegno e lavoro per salvare non solo la foca monaca, ma tutto l’ecosistema marino.
In Italia ad esempio molte zone abitate da questa specie dovrebbero subire interventi da un punto di vista amministrativo quali l’instaurazione di parchi marini e un controllo costante sul territorio.
Un aiuto arriva inoltre anche da noi comuni cittadini partecipando ad attività formative, a progetti di ecoturismo e alla riduzione dei rifiuti quotidiani quali prodotti chimici e plastiche.
E’ inoltre possibile aiutare la conservazione della foca monaca prendendo parte ai viaggi volontariato in Grecia, il paese che ospita il numero più alto di individui e che per proteggere le foche organizza campi di volontariato e non solo.
Foca monaca: considerazioni finali
Spero che questo articolo sia stato di qualche utilità per lo meno per informare quante più persone possibili della situazione delle foche monaco in Mediterraneo.
Purtroppo questa è solo una specie da proteggere, tutte le specie marine stanno infatti soffrendo e rischiano di sparire.
La soluzione c’è, basterebbe aumentare la superficie delle aree marine protette, ma ad oggi questi problemi non sono in cima all’agenda politica.
Dobbiamo conoscere gli animali per amarli, ecco perché esorto tutti gli amanti della natura a studiare sui libri prima di dedicare la propria vita alla protezione degli animali.
Il pianeta ha bisogno di ricercatori, appassionati, attivisti e semplici cittadini informati e preparati per poter lavorare in maniera efficace.
Prima di salutarti, voglio proporti il video dove Emanuele Coppola, uno dei maggiori esperti di foca monaca al mondo, spiega la situazione della foca monaca:
Io nel frattempo non mi arrendo e continuo la mia opera di divulgazione, aiutami condividendo l’articolo e aggiungendoti al gruppo Facebook Amici di Keep the Planet.
Alessandro Nicoletti di Keep the Planet