Dopo 3000 anni finalmente i diavoli della tasmania sono ritornati a casa.
Ciao a tutti ragazzi, io sono Alessandro Nicoletti, biologo marino e fondatore dell’associazione ecologista Keep the Planet e oggi voglio parlarvi di un incredibile progetto di conservazione che ha visto il ritorno di una specie chiave nel continente australiano.
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Il diavolo della Tasmania è un predatore apicale, il più grande dei carnivori marsupiali ancora in vita della fauna australiana.
Conosciuto anche come diavolo orsino, il suo nome comune deriva dalle diaboliche urla notturne che l’animale emette e che molto probabilmente hanno spaventato i primi esploratori arrivati nel continente australe.
Di colore nero, dall’aspetto irascibile, minaccioso, e il fatto che si nutra di carogne hanno di fatto associato questo animale ad entità malefiche a cui deve il suo nome comune.
Non più grande di un cagnolino, questo marsupiale è famoso per la sua ferocia e le sue potenti mascelle, in grado di frantumare grandi carcasse in pochi minuti.
Nonostante la sua fama, il diavolo della Tasmania non rappresenta assolutamente un pericolo per gli umani, ma anzi è una specie chiave per l’ecosistema australe.
Ed è proprio per questo motivo che è iniziato questo progetto di reintroduzione.
Stato di conservazione del diavolo della Tasmania
Un tempo presenti anche nel continente australiano, i diavoli orsini da ormai 3000 anni sono confinati nell’isola della Tasmania.
Il motivo per cui questa specie scomparve dal continente è ignoto, tuttavia si pensa che sia legato alla presenza dell’uomo: quando i primi cacciatori sterminarono la maggior parte della megafauna del continente, i diavoli della Tasmania non ebbero più niente di cui cibarsi.
Uno dei problemi fu inoltre la presenza del dingo che entrarono in competizione con i diavoli e li portarono all’estinzione.
Il fatto che i dingo non siano arrivati in Tasmania ha fatto sì che la specie sia arrivata fino ai giorni nostri.
Ad aggravare la situazione, negli anni ’90 l’esplosione di una malattia mortale, una rara forma di tumore facciale molto contagioso che in pochissimi anni ridusse del 90% il numero dei diavoli a soli 25.000 esemplari.
Gli scienziati sperano che la reintroduzione di questo predatore “rissoso” possa riequilibrare gli ecosistemi naturali sconvolti dalle specie invasive.
In Australia infatti esiste un enorme problema legato alla perdita di biodiversità causato da due terribili specie che stanno distruggendo la fauna locale: le volpi e i gatti selvatici.
Questi infatti arrivarono in Australia insieme ai colonizzatori europei nel 1700 e presto diventarono una seria minaccia per i piccoli marsupiali che non hanno difese contro questi temibili predatori.
In Australia troviamo il più alto tasso di estinzione di mammiferi nativi al mondo e i piccoli, ma forti, diavoli della Tasmania potrebbero rappresentare un tassello fondamentale per la risoluzione del problema.
Non è certamente un mistero per i professionisti della conservazione che la reintroduzione di specie native possa riequilibrare gli ecosistemi e ripristinare i precedenti livelli di biodiversità.
Il ritorno del diavolo orsino
Il primo rilascio di 15 diavoli della Tasmania a cui fece seguito un successivo di ulteriori 11 indvidui è avvenuto tra Marzo e Settembre 2020 in un’area recintata di circa 400 ettari chiamata Barrington Wildlife Sanctuary, appena a nord del Barrington Tops National Park in situato a circa 200 chilometri a nord di Sidney.
Tim Faulkner, presidente dell Aussie Ark, una delle associazioni coinvolte nel progetto di reintroduzione ha definito questo come un avvenimento storico che in soli 100 anni potrebbe preservare la biodiversità dell’Australia.
Se tutto andrà secondo i piani, il rilascio riguarderà un ulteriore area di circa 15.000 ettari.
Questo programma è un’incredibile opera di conservazione che forse riuscirà a contrastare l’inesorabile declino dei mammiferi australiani.
Qui non c’è in gioco solamente il destino dei diavoli della Tasmania, ma dell’intera fauna locale.
La presenza dei diavoli sembrerebbe scoraggiare la presenza dei gatti selvatici.
I diavoli non si cibano direttamente di gatti, ma la loro presenza costringe i felini a cacciare al tramonto e all’alba, per evitare scontri con i diavoli, animali notturni.
Questo piccolo cambiamento nelle abitudini protegge le specie native notturne australiane, come i bandicoot, di cui diverse specie sono considerate in pericolo in Australia.
È interessante notare che le popolazioni di bandicoot sono in aumento laddove i diavoli sono in numero maggiore rispetto ai gatti.
I vantaggi non finiscono qui, in qualità di “animale spazzino”, il diavolo gioca un ruolo fondamentale nel mantenere un ecosistema sano ed equilibrato.
Due sono le domande a cui gli esperti dovranno trovare risposta: la prima è cosa accadrà quando i diavoli incontreranno le volpi che sono più grandi dei gatti, la seconda è se avranno un impatto su altre specie vulnerabili come alcuni piccoli uccelli.
Nel 2012, una popolazione di diavoli reinserita su Maria Island, a largo della costa della Tasmania, portò alla scomparsa di diverse colonie di berta codacorta.
Queste incognite hanno portato alla decisione giusta di effettuare il rilascio all’interno di un’area controllata dove questi rischi possono essere monitorati e risolti.
Per organizzare l’arrivo dei diavoli, il team di Faulkner oltre alla recinzione di una vasta area di foresta protetta ha sradicato piante invasive, tolto il fogliame che avrebbe potuto causare incendi e hanno eliminato la volpe rossa e il gatto selvatico.
Ogni animale è dotato di radiocollare così da seguirne gli spostamenti e i comportamenti.
Sempre nella stessa area sono state rilasciate altre specie locali minacciate dalle specie invasive come il wallaby parma, il potoroo dal naso lungo e la bettongia rossiccia.
Animali poco conosciuti, ma questi piccoli mammiferi sono fondamentali per un ambiente pulito e sano, perché contribuiscono alla dispersione delle sementi e riducono l’intensità degli incendi pulendo il suolo.
In attesa di ulteriori sviluppi, speriamo che il ritorno dei diavoli a casa, sia privo di intoppi e che possa finalmente rappresentare una speranza per questo bistratto pianeta.
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