Da piccoli semi, ad alberi secolari polmoni verdi del mondo, ma come nascono le foreste? Quali step devono affrontare per dar vita ad uno degli ecosistemi più complessi della vita sul pianeta?
Selva, boscaglia, foresta: quando si entra nei capolavori creati da madre natura, diventa difficile delineare un profilo cristallino delle aree verdi nelle quali spesso ci si imbatte e alle quali, di frequente, si attribuisce una nomenclatura sbagliata.
Nel caso specifico della foresta, quella vasta zona verde non antropizzata, non mutata quindi dall’uomo e costituita da alberi ad alto fusto, basta seguire la nomenclatura fornita dal FAO per non sbagliare attribuzione.
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, infatti, sotto il termine foresta vanno quelle aree verdi caratterizzate da un’ampiezza minima di 0,5 ettari che producono una copertura arborea superiore al 10% e che è costituita, inoltre, da alberi capaci di raggiungere i 5 metri di altezza.
Il nome, quindi, varia anche e soprattutto a seconda dell’estensione; quando l’area vegetativa presenta un’estensione minore rispetto ai 0,5 ettari della foresta, si tratta di bosco.
Per comprendere la vastità necessaria, si può pensare alla Foresta Nera, o Schwarzwald, un’area montuosa che comprende parte della Germania, della Svizzera e della Francia.
Prima ancora di spiegare come nascono le foreste, è bene fare chiarezza sull’ habitat naturale e su quei fenomeni che ne accompagnano la crescita spontanea.
La foresta, infatti, vegeta in aree in cui il suolo e il clima favoriscono agli alberi di coprire con continuità il terreno.
A seconda dell’area geografica nella quale sorge spontanea, si possono individuare la foresta equatoriale o pluviale o vergine, la foresta a galleria o fluviale, la foresta inondata, la foresta tropicale, la foresta monsonica, la foresta temperata a latifoglie, mista o a conifere e infine quella australe.
La foresta può essere di tipo primario, ovvero intatta, in cui funzioni vitali ed ecosistema non sono mai stati modificati dall’uomo.
Questa è quell’area verde che conserva il proprio stato originario. In natura però è presente anche la foresta così detta secondaria: in questo caso si tratta di una foresta disturbata da cause di varia natura, che ne hanno richiesto poi la modifica o l’intervento dell’uomo attraverso tagli e ricostruzioni.
Come nascono le foreste?
A seconda dell’area geografica nella quale la crescita spontanea si sviluppa, la foresta ha una diversa fase di nascita e crescita.
In quelle equatoriali pluviali, localizzate quindi nella fascia equatoriale, ad esempio, il clima è stabile per tutto l’anno e non prevede variazioni stagionali.
La temperatura media è costante e l’escursione termica annuale si aggira intorno ai 2-3 °C. Questi fattori ambientali e climatici hanno permesso di far crescere esponenzialmente la foresta equatoriale.
Nelle zone tropicali, invece, la vegetazione, spinta dal clima favorevole, crea un luogo d’ombra che impedisce al sole di filtrare fino a terra. Evaporando, l’acqua crea l’umidità sufficiente alle nuvole per rincarare una nuova dose di piogge che permetterà alle fitte foreste pluviali delle zone tropicali di mantenere viva la propria vegetazione e non interrompere la loro crescita impetuosa.
Non è difficile, infatti, constatare che il cielo delle grandi foreste è sempre molto nuvoloso; gli alberi in questi due casi possono raggiungere anche gli 80 metri di altezza e ospitare un numero consistente di specie animali.
Non è difficile poi assistere alla nascita di una foresta inondata, si tratta di fitta vegetazione che nasce e cresce in bacini o piane alluvionali.
Queste sono caratterizzate da un sistema ciclico stagionale, e si trovano in aree che per metà anno sono sommerse e per la restante metà sono invece asciutte.
Le foreste torbiere, invece, sono quelle foreste la cui biomassa nasce e si evolve sotto il pelo dell’acqua; successivamente si avvia un lento processo di carbonificazione che trasforma la biomassa in torba. Lo stato di torba può avere dai 2 ai 20 metri di profondità.
A condizionare la nascita di una foresta, dunque, giocano un ruolo fondamentale il clima e l’area geografica.
Come creare una foresta?
Prima ancora di additare l’uomo come principale distruttore della natura, è bene sapere che, grazie al sostegno di quest’ultimo, è possibile far nascere una nuova foresta.
L’uomo se vuole non sa solo deforestare le foreste in maniera selvaggia, ma anzi può diventare un costruttore di vita.
Scegliere di dare vita a un bosco, con l’augurio di produrre una futura foresta, è importante soprattutto per l’impatto ambientale: essa favorisce, infatti, la ricarica delle falde, riduce del 90% le emissioni di CO2 ed elimina fertilizzanti, insetticidi ed erbicidi.
Scegliere di creare una foresta è un cambiamento possibile, remunerativo per gli agricoltori e responsabile per il territorio.
È proprio all’interno delle foreste che entra in gioco quel tanto agognato equilibrio naturale tra flora e fauna. Per dare inizio a questo ambizioso progetto bisogna munirsi di un buon investimento iniziale, di manodopera in quantità e avviare, con pazienza e costanza, dopo aver verificato preventivamente l’affidabilità del luogo, il lavoro.
Innanzitutto andranno preparare le canalette per l’acqua con l’aiuto di una ruspa. Attraverso queste scorreranno circa un milione di metri cubi d’acqua ogni anno per circa 2300 specie arboree.
Successivamente sarà la volta della preparazione del suolo: andrà, infatti, arato il terreno e steso il telo pacciamante.
A questo punto non resterà che piantare circa 2mila alberi autoctoni che daranno vita allo straordinario scenario naturale, pronto a ospitare anche nuove specie animali. Su circa 2300 specie di alberi, bisogna calcolare circa 1.500 tonnellate di anidride carbonica catturata.
In Costa Rica il miracolo delle arance per una nuova foresta
Circa 20 anni fa due scienziati hanno gettato ben 12 mila tonnellate di bucce d’arancia sul suolo della foresta pluviale in Costa Rica, dando vita a una nuova e rivoluzionaria scoperta.
La ripresa vegetativa diede straordinari risultati, tanto da impressionarono i più. Le bucce erano capaci di rinvigorire anche quelle aree deforestate e sterili che nessun programma agricolo di recupero avrebbe mai preso in considerazione.
La scoperta si deve a Daniel Janzen e Winnie Hallwachs, due scienziati, nonché coniugi, dell’Università della Pennsylvania.
Dopo circa 1000 furgoni di scarti di arance, gettati in quel terreno morto che non permetteva neanche la nascita di un germoglio, al primo trimestre si registrarono i primissimi e inaspettati risultati.
Dopo circa 10 anni dallo scarto dei rifiuti, madre natura aveva messo in scena il più bello degli scenari: una nuova e vitale foresta.
Oggi l’Area Conservaciòn Guanacaste è un sito protetto dell’UNESCO.