Quello che non ci dicono della GUERRA in UCRAINA 🇺🇦: impatto su natura e animali

Deforestazione, pesca selvaggia, inquinamento, crimini ambientali, l’ancestrale legame che lega uomo e ambiente, sembra perso per sempre.

Tra le tante attività illogiche e senza senso che l’uomo fa e che danneggiano non solo se stesso, ma anche la natura e gli animali, sicuramente la peggiore di tutte è la guerra.

La guerra distrugge tutto quello che incontra, vite spezzate, secoli di storia, speranze future, devasta tutto in brevissimo tempo.

Quando si parla di guerra è giusto ed inevitabile concentrarsi soprattutto nella perdita di vite umane, nelle sofferenze immediate e visibili in maniera palese.

Ma la guerra non è solo questo, se è vero come è vero che la guerra uccide e devasta in pochi istanti milioni di vite umane, la guerra lascia anche un lungo lascito alle future generazioni in termini di inquinamento di aria, acqua e territorio.

Keep the Planet parla di natura e conservazione, ed è proprio per questo motivo che in questo video voglio parlare dell’impatto ambientale che la guerra sta causando in Ucraina.

Quali ecosistemi stiamo inquinando? Che animali stiamo perdendo? Che danni stiamo provocando?

Guarda il video o leggi l’articolo:

https://www.youtube.com/watch?v=9bATv-9rRh0

Senza togliere importanza alle vite umane che stiamo perdendo ora sotto il peso intollerabile delle bombe e a cui giustamente si da priorità assoluta, qui voglio approfondire un aspetto poco conosciuto della guerra in Ucraina, la perdita di biodiversità e i danni ambientali che la guerra sta provocando.

La biodiversità in Ucraina

Nata a seguito della caduta dell’URSS nel 1991, la moderna Ucraina è una delle 195 nazioni oggi esistenti. Situata nel cuore geografico del continente euroasiatico, l’Ucraina è costituita principalmente da steppe fertili e altopiani, attraversati da fiumi piuttosto lunghi come il Nipro, il Donec, il Nistro e il Bug meridionale, mentre il delta del Danubio segna il confine con la Romania.

Le montagne più imponenti del paese sono i Carpazi, dichiarati patrimonio dell’Unesco a causa della loro notevole importanza naturalistica.

Circondata da altre nazioni come Russia, Bielorussia, Romania, Polonia e Moldavia, è solamente a sud che l’Ucraina trova lo sbocco sul Mar Nero, e nel conteso nel Mar di Azov.

Nonostante l’Ucraina occupi solamente il 6% del continente Europeo, al suo interno troviamo ben il 35% della biodiversità europea.

Sul suo territorio sono presenti infatti oltre 70 mila specie tra animali e vegetali, tra cui quasi 1.400 sotto tutela ambientale.

Di queste, molte in pericolo di estinzione come il Desman russo, un piccolo mammifero semi-acquatico, o lo Spalace di Ucraina, un raro roditore endemico dell’Ucraina meridionale.

L’Ucraina fino a pochi mesi fa difficilmente occupava le principali cronache e riflettori dei media internazionali.

Il 20 Febbraio 2022, la situazione cambia a seguito dell’invasione russa iniziata proprio in questa data.

L’impatto ambientale della guerra in Ucraina

La guerra, ovunque questa sia combattuta, distrugge la qualità dell’aria, dell’acqua, dei terreni e provoca il declino della fauna selvatica.

La prima cosa che viene inquinata dalla guerra in Ucraina è sicuramente la qualità dell’aria. Ogni singola bomba esplosa provoca danni incalcolabili a cose e persone: gli incendi che ne susseguono non solo rilasciano la ormai famosa anidride carbonica alla base dei cambiamenti climatici, ma anche e soprattutto una nube di fumi tossici composta da tantissime sostanze molto pericolose per ambiente e salute come diossine e metalli pesanti.

La guerra in Ucraina non fa altro che peggiorare una situazione già difficile presente ben prima della guerra.

Secondo l’ultimo report dell’Organizzazione mondiale della sanità precedente alla guerra, la qualità dell’aria in Ucraina è considerata “moderatamente pericolosa”, con una concentrazione media annua di polveri sottili di 20 µg/m3, il doppio della soglia di sicurezza di 10 µg/m3.

Gli ecosistemi ucraini erano già in pericolo a prescindere dalle guerre: disboscamento illegale, inquinamento dei terreni industriali e agricoli, scarsa qualità dell’aria. La guerra non ha fatto altro che aumentare i rischi per l’ambiente.

In tutto il paese, ci sono 49 parchi nazionali che fanno parte del Fondo per la conservazione della natura dell’Ucraina, sorto dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel 1991.

Proteggono un’ampia varietà di risorse naturali, dalle foreste di abeti rossi nei Carpazi al paesaggio di dune di sabbia non lontano dalla penisola di Crimea che la Russia ha annesso nel 2014.

Sebbene gran parte della copertura vegetale originaria dell’Ucraina sia stata bonificata per la coltivazione, sono ancora distinguibili tre zone principali di vegetazione naturale.

Da nord a sud, troviamo la Polissya caratterizzata da boschi e paludi, la foresta-steppa e la steppa.

Aree protette dell’Ucraina che in tempi di guerra stanno diventando zone di accoglienza per l’enorme flusso di profughi in arrivo dalle zone interessante direttamente dal conflitto.

Nonostante i principali parchi siano lontani dal fronte, vengono comunque danneggiati per gli effetti indiretti della guerra in quanto le normali attività di conservazione sono sospese.

La crisi dei parchi ucraini

La guerra sta mettendo in crisi il funzionamento dei parchi sia dal punto di vista economico sia logistico, non potendo ricevere visitatori nazionali e internazionali al loro interno.

Il malfunzionamento delle aree protette comporta ovviamente danni alla flora e alla fauna locale del paese.

La biodiversità animale dell’Ucraina è ricca e variegata, si contano circa 350 specie di uccelli, più di 100 specie di mammiferi e oltre 200 specie di pesci. Tra i predatori apicali troviamo lupi, volpi, gatti selvatici e addirittura la lince europea, mentre gli ungulati includono caprioli, cinghiali e talvolta alci e mufloni.

Diversi studi hanno dimostrato come la guerra danneggia la biodiversità. Uno studio del 2018 per esempio ha scoperto che il declino della fauna selvatica nelle aree protette dell’Africa era correlato ai conflitti che vi erano stati nella zona.

Le popolazioni di animali selvatici tendevano infatti a essere stabili in tempo di pace e diminuire durante la guerra: i ricercatori hanno scoperto che più frequenti sono i conflitti, maggiore è il declino. La necessità di rifornire le scorte alimentari per le truppe spinge, in alcuni casi, alla caccia incontrollata.

Non a caso, durante la guerra in Sudan la popolazione locale di elefanti è passata da 22mila unità a 5mila e i rinoceronti bianchi sono rimasti in 15.

Sicuramente la situazione in Ucraina è diversa dai conflitti africani, tuttavia è chiaro che quando si bloccano finanziamenti e sforzi di conservazione per la biodiversità, la situazione peggiora nettamente.

Le problematiche analizzate fin qui non sono altro che la punta dell’iceberg del disastro ecologico che l’Ucraina sta vivendo e che dovrà affrontare nelle prossime generazioni.

Danni ambientali in Ucraina

Uno degli inquinamenti più gravi e duraturi che avvengono in tempi di guerra, è quello idrico.

L’Ucraina è, o per lo meno era, un paese ricco di industrie chimiche, metallurgiche, minerarie. Un paese per certi versi arretrato dal punto di vista della tutela ambientale, certamente non in grado di rispettare i parametri europei.

Durante l’estate del 2021, quindi ben prima del disastro in atto, il ministro dell’Ambiente ucraino ha denunciò lo sversamento di oltre 6 mila tonnellate di fosfati nel Nipro, rifiuti provenienti per lo più dagli scarti industriali della zona.

Nel solo Donbass, la zona orientale dove avvengono la maggior parte degli scontri, ci sono oltre 170 impianti chimici ad alto rischio e più di un centinaio di siti in cui vengono usati materiali radioattivi.

Pochi forse sanno che la parola “Donbass” è l’abbreviazione per Donetsky Bassein (letteralmente, “Bacino di carbone di Donetsk”). Non è certamente un caso che la Russia sia particolarmente interessata a questa zona.

Questa regione orientale dell’Ucraina è infatti ricca di giacimenti minerari e di attività estrattive. Secondo alcuni report, il solo Donbass ha circa 900 miniere di carbone e metalli.

Per questo motivo nel sottosuolo si snodano centinaia di chilometri di tunnel che ora, sotto il peso delle bombe stanno sprofondando il terreno liberando tante sostanze chimiche che rischiano di contaminare le risorse idriche dell’intera regione.

Nonostante soltanto ora si parli di guerra in Ucraina, in realtà sono diversi anni che la situazione in Donbass è preoccupante.

Nel 2016 infatti la situazione delle acque era già critica, 55 bacini idrici su 66 erano considerati non potabili e, in tre casi, i livelli di radiazione registrati erano al di là dei limiti di sicurezza.

Il ministero dell’ecologia ucraino nel 2016 identificò 35 miniere dove il pompaggio delle acque sotterranee era cessato.

L’acqua allaga naturalmente le miniere e in condizioni normali deve essere pompata fuori. Gli impianti abbandonati dopo l’inizio della guerra, non svolgono più questo ruolo, l’acqua quindi rimane all’interno delle miniere rilasciando poi nell’ambiente materiale radioattivo e metalli pesanti come mercurio, piombo e arsenico, inquinando il suolo e le falde acquifere.

Il conflitto nel Donbass, ma più in generale in tutta l’Ucraina aggrava la situazione della qualità dei terreni sia quelli ancora naturali sia quelli impiegati direttamente in agricoltura.

In Ucraina ci sono circa 465 impianti di stoccaggio con oltre sei miliardi di tonnellate di rifiuti tossici a rischio. Molti di questi impianti si trovano vicino alle città o a importanti corsi d’acqua. Siti che spesso sono anche dei target militari per fiaccare il nemico.

Come se tutto questo non fosse già sufficientemente drammatico, in Ucraina abbiamo 15 reattori nucleari a circa 200 chilometri di distanza dalle aree in cui si combatte nel Donbass, tra cui la più grande centrale nucleare d’Europa, la centrale di Zaporizhzhia.

Chernobil, uno dei più gravi incidenti nucleari al mondo avvenne proprio qui in Ucraina nel 1986, un disastro che dovrebbe essere usato come monito, ma l’essere umano sembra sordo alla storia e agli errori del passato. Notizia recente di un missile caduto a soli 400 metri dalla centrale nucleare.

Ora l’attenzione del mondo è giustamente concentrata sul cessate il fuoco che ci auguriamo arrivi il prima possibile. Ma non dimentichiamo che il prezzo da pagare sarà molto più lungo sia per il popolo ucraino, sia da tutti noi che dipendiamo fortemente dalla cooperazione internazionale.

I danni della guerra sono anche indiretti, l’invasione Russa in Ucraina ha impedito infatti l’avvio di una missione internazionale scienziati per studiare e monitorare il permafrost in tutta la zona artica, che avrebbe fornito dati vitali per comprendere come sta cambiando il clima.

La Russia, che rappresenta circa la metà delle terre artiche, non può quindi essere area di studio e, inoltre, lla zona artica è diventata il centro di attività dannose per l’ambiente che rimangono incontrollate, andando a incidere ulteriormente sugli effetti del cambiamento climatico.
Se ci fermiamo a riflettere, se guardiamo la società degli uomini da un punto di vista differente, esterno, forse è facile vedere che qualcosa non va.

Ma per cambiare, bisogna prima conoscere, e per conoscere bisogna prima guardare ed ascoltare con occhi, orecchie e soprattutto mente bene aperti.

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