Allevare polpi: giusto o sbagliato?

Intelligente, furbo, schivo, catalogato tra gli animali senzienti, il polpo è addirittura diventato una recente superstar grazie al film documentario vincitore del premio oscar, Il mio amico sotto il mare.

Sicuramente un animale carismatico e peculiare, una specie di alieno qui sulla terra, considerato non a caso l’invertebrato più intelligente del pianeta.

Possiamo certamente definire il polpo come una delle specie simbolo dei mari di tutto il mondo che è entrato nelle cronache recenti non solo per il successo ricevuto a seguito del film, ma per le recenti dichiarazioni di un importante multinazionale spagnola:

Siamo la prima azienda al mondo a chiudere il ciclo di vita del polpo, arrivando alla quinta generazione di polpo allevato in acquacoltura. Si tratta di un progetto pionieristico che sarà in prima linea nelle migliori pratiche in materia di benessere animale e sostenibilità ambientale.

Le dichiarazioni della multinazionale spagnola Pescanova ha scatenato un accesso dibattito sia a livello scientifico sia a livello popolare: è giusto allevare polpi da destinare al consumo umano?

Io sono Alessandro, questo è Keep the Planet, e oggi proviamo a rispondere a questa complicata domanda.

Leggi l’articolo o guarda il video:

Chi è il polpo?

Il polpo è un mollusco cefalopode rappresentato da ben 300 specie a livello mondiale, la loro intelligenza, la loro curiosità e la loro affascinante capacità di cambiare il proprio aspetto hanno da sempre affascinato le persone di tutto il mondo.

I polpi si distinguono tra gli invertebrati per il loro comportamento complesso.

Sono in grado di risolvere problemi semplici, imitare l’ambiente circostante usando cambiamenti di colore che avvengono su una scala di secondi, ingannare gli squali predatori, identificare i singoli esseri umani, impegnarsi in comportamenti giocosi e cacciare in risposta ai segnali cooperativi inviati dai pesci.

Come suggeriscono questi modelli di comportamento, i polpi hanno un sistema nervoso sofisticato e un cervello grande.

Sfortunatamente, i polpi sono anche considerati un piatto prelibato molto consumato specialmente in diversi paesi mediterranei in Europa, ma anche in Asia e Messico.

La crescente domanda di polpo

allevare polpiNoi italiani siamo in prima fila nel consumo di carne di polpo.

Da questa immagine possiamo vedere come l’Italia sia al primo posto per consumo di polpo, seguiti da Spagna e Stati Uniti, mentre in questa seconda immagine vediamo la costante crescita della domanda di questa specie sempre a livello mondiale.

Si stima che ogni anno vengano catturate circa 350.000 tonnellate, più di 10 volte il numero catturato nel 1950.

Come conseguenza, gli stock selvatici di polpi sono sottoposti a una maggiore pressione di pesca, che inevitabilmente porta alla diminuzione delle popolazioni selvagge.

La crescente domanda di mercato e l’aumento dei prezzi hanno attirato l’attenzione delle aziende che hanno deciso di investire importanti risorse economiche nell’allevamento di polpi.

Allevare polpi è una buona idea?

I polpi hanno tutte le caratteristiche per essere allevati in cattività: crescono velocemente, hanno alti tassi di riproduzione, facile adattamento alle condizioni di cattività, accettazione di alimenti naturali di basso valore e alto prezzo di mercato.

Tuttavia, per decenni i ricercatori hanno provato ad allevare polpi in cattività con scarso successo.Prima dell’annuncio di Pescanova, i fallimenti furono numerosi causati dall’impossibilità di far sopravvivere le larve dei polpi in cattività.

I primi tentativi iniziarono negli anni 70 e proseguono ancora oggi specialmente in Spagna.

La produzione spagnola di O. vulgaris ora si verifica, almeno sperimentalmente, in vasche a terra, in recinti in mare aperto e nei “ranch” dove i polpi catturati in natura vengono allevati in cattività.

L’Istituto spagnolo di oceanografia di Vigo ha svolto la maggior parte delle ricerche pubblicate sull’allevamento di polpi, ma la ricerca è in corso anche in Portogallo e Grecia. Altri progetti di ricerca sono situati in Messico, Giappone, Cina, Cile, Stati Uniti e Italia.

La sede del nuovo impianto commerciale di Pescanova saranno le coste di Las Palmas, a Gran Canaria, costerà 60 milioni di euro, creeranno una cinquantina di posti di lavoro e qui si produrranno circa 3000 tonnellate di polpo ogni anno destinato alle tavole di tutto il mondo.

Il punto di vista dell’azienda è chiaro, grazie all’acquacoltura si ridurrà la pressione di pesca sugli stock selvatici in parte compromessi dalla sovrapesca, apportando quindi benefici alle popolazioni naturali di polpo.

Dall’altra parte della barricata troviamo un gruppo di ricercatori capitanati da Jennifer Jacquet, professore associato di studi ambientali presso la New York University che insieme al gruppo ambientalista Compassion in World Farminhg ha redatto un lungo report scientifico individuando ben 8 punti critici.

8 problemi nell’allevamento di polpi

Prima criticità, i polpi in natura sono animali solitari, in cattività saranno forzati a vivere a contatto con altri esemplari portando a conflitti e stress.

In alcune condizioni sono stati evidenziati episodi di aggressività e cannibalismo. Dalla sua, la multinazionale non fornisce dettagli circa le condizioni di allevamento, ma tranquillizza dicendo che useranno speciali misure per garantire il benessere degli animali.

Seconda critica sollevata dal gruppo di ricerca, i polpi sono animali molto intelligenti e curiosi che interagiscono con l’ambiente circostante, nelle povere condizioni di cattività con ambienti sterili privi di arricchimenti, gli animali soffriranno di noia e quindi stress.

Qui la ricerca può giocare un ruolo importante, non a caso sono in attivo alcuni studi circa il livello degli ormoni dello stress per verificare lo stato di salute degli animali.

Terza problematica, i polpi sono animali carnivori, la preparazione dei mangimi porterà ad ulteriori pressioni sugli stock ittici selvatici. Circa il 20-25% di tutti i pesci catturati in natura sono usati infatti per la produzione di farina di pesce e di olio di pesce utilizzati nei mangimi.

Essendo i polpi carnivori, questo eserciterebbe un’ulteriore pressione sulle popolazioni di pesci selvatici. Specialmente allo stato larvale, i polpi si cibano di piccoli organismi che devono essere pescati in natura, mettendo in pericolo le popolazioni naturali.

Quarto problema, le conoscenze sui polpi in cattività sono limitate, questo non garantisce livelli di benessere sufficienti per questi animali notoriamente curiosi e intelligenti.

Quinto problema, i polpi non hanno scheletro interno o esterno di protezione, sono fragili e delicati. In cattività è probabile che anche i polpi vengano feriti attraverso il contatto fisico con l’allevatore e le pareti della vasca. Pertanto, vi è un alto rischio di dolore e sofferenza per le ferite provocate.

Sesta questione, non ci sono metodi e limiti scientificamente provati per macellare senza sofferenza questi animali con il rischio di abusi e sofferenze per i polpi.

Settima problematica, a differenza del Regno Unito dove sono stati riconosciuti come animali senzienti e come tali inseriti nei protocolli degli animali di allevamento al pari di bovini, ovini e suini, in Spagna e più in generale nell’Unione europea non esistono leggi specifiche per i polpi.

Senza una legislazione dedicata, non si può continuare con la costruzione dell’allevamento alle Canarie.

Ultimo punto, l’allevamento di polpi va in contrasto con la direttiva europea circa la riduzione delle farine e olii di pesce di origine selvatica.

Ora abbiamo una panoramica generale della situazione, da una parte una popolazione demografica in crescita che aumenta la richiesta di prodotti del mare, domanda che inevitabilmente porta ad un aumento degli sforzi di pesca e come tale ci obbliga a trovare nuove soluzioni sostenibili, dall’altra i diritti degli animali di vivere serenamente e senza essere spinti verso l’estinzione.

Quando ci sono temi complessi come la produzione di cibo per miliardi di umani, è difficile se non impossibile trovare risposte semplici e immediate.

Da biologo marino che in passato ha lavorato nella ricerca in acquacoltura, posso dire che al momento non ho tutte le informazioni necessarie per potermi schierare da una parte o dall’altra.

Le questioni etiche sollevate dal gruppo di ricerca sono legittime, come sono legittime le necessità di trovare soluzioni alla crescente pressione di pesca sugli stock selvatici.

Ad oggi, in mancanza di legislazioni chiare e di trasparenza da parte dei metodi utilizzati dall’azienda, è giusto appellarsi al principio di precauzione e chiedere ulteriori garanzie prima di rilasciare il definitivo nulla osta alla produzione.

Quel che certo è che dobbiamo trovare un compromesso tra le richieste dei mercati, e le risorse naturali disponibili e probabilmente nel futuro prossimo ci vedremo ad imporre dei limiti nella dieta degli individui.

Vogliamo mangiare tutto quello che desideriamo, quando lo vogliamo e quanto lo vogliamo. Lo consideriamo un nostro diritto, ma forse questo diritto prima o poi ci verrà tolto.

Ora tocca a te, fammi sapere quello che pensi nei commenti.

Nei prossimi video vedremo come ridurre il nostro impatto a tavola, se ti interessa, iscriviti al canale.

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