Acquacoltura: una scelta sostenibile oppure no?

Acquacoltura: tutto quello che devi sapere. Ciao a tutti ragazzi, io sono Alessandro Nicoletti, biologo marino e fondatore dell’associazione ecologista Keep the Planet e oggi volevo parlarvi dell’industria alimentare che cresce maggiormente e che rappresenta forse una speranza per il futuro del pianeta.

L’acquacoltura o acquicoltura, è la produzione di organismi acquatici, principalmente pesci, crostacei e molluschi, ma anche alghe, in ambienti confinati e controllati dall’uomo.

Se la pesca è l’equivalente della caccia, l’acquacoltura è la versione marina degli allevamenti terrestri.

Se la storia dell’acquacoltura industriale è relativamente recente, le prime evidenze di allevamenti in mare si intrecciano con le origini dell’umanità.

Puoi guardare il video o continuare con la lettura dell’articolo:

Storia dell’acquacoltura

Le prime testimonianze della pratica dell’acquacoltura risalgono infatti alle più antiche dinastie cinesi ed egiziane che le tramanderanno a loro volta alle nascenti popolazioni etrusca e romana.

È del 2.500 a.C. il bassorilievo ritrovato nella tomba di Aktihetep, in Egitto, che chiaramente ritrae un uomo intento a raccogliere tilapie (pesci d’acqua dolce) nei pressi di uno stagno; risale invece alla Cina del 475 a.C. il primo trattato di piscicoltura.

Molte sono inoltre le testimonianze sotto forma di testi antichi, mosaici e resti di manufatti da parte degli Etruschi e dei Romani, che esaltavano la dedizione con cui i nostri antenati si impegnavano nell’allevamento di pesci nelle ricche e preziose aree del mediterraneo.

Le prime forme di allevamento prevedevano la cattura in mare o nei bacini d’acqua dolce degli esemplari da riprodurre; mentre dobbiamo aspettare il 19 secolo per il primo ciclo biologico completamente controllato dall’uomo, periodo in cui avvenne la domesticazione della trota.

Oggi sono circa 500 gli organismi acquatici di cui si può controllare, almeno in parte, il ciclo biologico e poter quindi procedere all’allevamento; tra questi le principali specie sono spigola, orata e salmone per quanto riguarda l’acquacoltura marina; trote, tilapie, carpe, storioni e anguille relativamente a quella d’acqua dolce.

In base al tipo di gestione e all’intensità dei flussi energetici coinvolti, l’acquacoltura viene principalmente suddivisa in acquacoltura estensiva, intensiva e iperintensiva.

Queste attività in mare diventeranno sicuramente strategiche per il futuro del pianeta con una popolazione umana in costante crescita.

Popolazione che non solo aumenta di numero, ma anche di pretese.

Problemi degli stock ittici selvatici

acquacoltura

La domanda di prodotti ittici infatti è aumentata vertiginosamente inseguendo i nuovi canoni salutistici: il pesce infatti è sinonimo di salute, di omega 3, di status symbol, di mode contemporanee come quella del sushi e delle crudità.

Mode che stanno spopolando i nostri mari.

Oltre il 90% degli stock ittici a livello mondiale sono sfruttati al loro massimo biologico, osservando i dati di cattura è chiaro che la pesca da sola non sarà mai capace di soddisfare la crescente domanda di prodotti ittici.

Nel 2050 saremo 9,7 miliardi di umani, umani che vorranno avere cibo per prosperare.

Se non agiamo ora, nei prossimi 30 anni potremmo assistere al collasso della società.

La comunità scientifica è ormai concorde che la sola risposta possibile alla continua richiesta di prodotti ittici ci viene dall’acquacoltura.

Non possiamo certamente continuare a tagliare le ultime foreste vergini per incrementare i pascoli o depredare il mare fino all’ultimo pesce ancora in vita, dobbiamo ripensare il modello produttivo e renderlo migliore e sostenibile.

Attualmente oltre 2,6 miliardi di esseri umani dipendono essenzialmente dall’apporto proteico derivante dalle risorse ittiche che sono sfruttate al loro massimo biologico.

La flotta attuale di pesca cattura 65 tonnellate di prodotti ittici destinati al consumo umano più altre 35 tonnellate destinate all’acquacoltura come mangime per i pesci allevati.

Nei prossimi 35 anni avremo bisogno di oltre 85 tonnellate di prodotti ittici e questa richiesta potrà essere soddisfatta esclusivamente dal miglioramento delle pratiche di acquacoltura.

Intorno al globo sono nate tante iniziative per rendere la pesca sostenibile, anche qui sul canale ne abbiamo parlato in un recente video, tuttavia qualsiasi sia la forma di tutela, la pesca da sola non potrà mai soddisfare la crescente domanda dei prossimi anni.

Siamo ad un punto di svolta epocale, da una parte dobbiamo ridurre lo sforzo di pesca e incrementare le aree marine protette, dall’altra aumentare la produzione derivante dall’acquacoltura in maniera sostenibile.

Lo aveva capito anche il grande Jacques Cousteau che vari anni fa disse che:

“Dobbiamo iniziare ad usare il mare da allevatori piuttosto che cacciatori, questa è la civilizzazione , da cacciatori ad allevatori”

Ed in fondo è proprio quello che è successo sulla terraferma dove da raccoglitori e cacciatori, ci siamo trasformati in contadini e allevatori.

Questo è l’inevitabile passaggio che l’umanità dovrà compiere nei prossimi decenni per evitare il collasso.

Certo, potremmo diventare tutti vegani, questa sarebbe certamente una soluzione, tuttavia è socialmente impossibile imporlo per legge a livello globale.

Sin dalle nostre origini l’uomo cerca le proteine animali e questo purtroppo non cambierà nel futuro prossimo e pertanto dobbiamo come società essere in grado di soddisfare questa richiesta in maniera sostenibile.

I pesci sono l’ultima fonte proteica che viene ancora cacciata allo stato selvatico, immagina ora gli scaffali dei negozi pieni di cacciagione, ovviamente non sarebbe possibile.

Quello che avviene da ormai decenni sulla terraferma, dovrà essere spostato in mare.

Nell’opinione pubblica i prodotti ittici allevati ad oggi non godono di un’ottima reputazione perché sono visti come prodotti inferiori rispetto ai pesci selvatici, di minore qualità, dal sapore insipido.

Se questo era vero fino a pochi anni fa, oggi l’industria ha fatto notevoli passi in avanti.

Vantaggi e svantaggi dell’acquacoltura

Noi non conosciamo la storia dei pesci selvatici, del cibo che hanno mangiato, se sono stati in acque inquinate oppure no rendendoli quindi poco sicuri dal punto di vista sanitario.

I principali attacchi che vengono fatti all’acquacoltura dipendono dall’utilizzo di sostanze chimiche quali antibiotici, dalla trasmissione di virus e batteri ai pesci selvatici, all’inquinamento dovuto alle feci, dai pesci di allevamento che possono impoverire geneticamente gli stock naturali e i mangimi che spesso sono prodotti da pesci catturati rendendo l’acquacoltura non sostenibile.

Nonostante questi problemi siano reali, la buona notizia è che decenni di ricerca e impegno hanno finalmente migliorato le tecniche di produzione risolvendo la maggior parte di queste problematiche.

Oggi è possibile allevare importanti specie commerciali in sistemi chiusi controllati evitando l’impatto sulla qualità delle acque e sugli stock ittici selvatici.

Grandi passi in avanti sono stati fatti nei mangimi che oggi non necessitano più di pesci selvatici quali alici e sardine, le nuove formule infatti prevedono l’utilizzo di alghe, fitoplancton e insetti, cibi che sono naturalmente presenti nella dieta dei pesci allevati.

Produrre cibo di qualsiasi natura, sia animale che vegetale ha bisogno di acqua, di energia e di spazio.

Sulla terra, queste 3 cose iniziano a scarseggiare.

Dall’impatto enorme delle coltivazioni di avocado e olio di palma, alla deforestazione causata dagli allevamenti intensivi di bovini, se vogliamo prosperare come specie, dobbiamo necessariamente affidarci alla blue revolution.

La rivoluzione blu fatta di sistemi produttivi integrati dove il consumo di risorse è minimo, e anzi si crea ricchezza e biodiversità.

Esemplare è il caso della molluschicoltura quali la produzione di cozze e ostriche, temi che abbiamo discusso anche in video precedenti.

Oppure la produzione di alghe marine che sono un’incredibile risorsa non solo alimentare, ma anche energetica.

La prossima volta che ti trovi davanti al banco del pesce, presta attenzione a cosa compri e non pensare all’acquacoltura come un qualcosa di cattivo da evitare, ma piuttosto come al cibo del futuro.

Che ci piaccia o no, l’acquacoltura è la forma migliore di produzione di proteine animali con il minor impatto ambientale rispetto agli allevamenti di carne.

Se non è possibile obbligare 7 miliardi di umani a diventare vegani, dobbiamo trovare la migliore alternativa possibile.

L’acquacoltura diventerà fondamentale specialmente nei paesi a basso reddito dove la sicurezza alimentare è a rischio.

L’importanza strategica di questo settore non deve farci abbassare la guardia perché sono ancora molti i siti produttivi che non sono sostenibili come ad esempio gli allevamenti di gamberi nei paesi tropicali che hanno sostituito le foreste di mangrovie.

Un argomento specifico che tratteremo in un video/articolo apposito.

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